Come si diventa consulente di fundraising?

Come si diventa consulente di fundraising?

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Ci sono due domande che mi mettono in estrema difficoltà, e riguardando entrambe il lavoro nel fundraising.

La prima domanda é: come si diventa fundraiser? Da una parte lavorare nel fundraising attira molte persone, dall’altra ormai è evidente come questa professione sia sempre più richiesta nel mercato del lavoro del non profit, a ragion veduta! La risposa per me è semplice (ma qui non sto a sviscerare l’argomento…): pratica, studia e …pratica pratica pratica!

La seconda domanda è: come si diventa consulenti di fundraising? Questa domanda apparentemente simile alla prima invece è molto più difficile da rispondere o, se non altro, per me rispondere è abbastanza sfidante.

Come forse saprai, da sempre io faccio in contemporanea i due lavori: faccio il fundraiser (cioè ideo e organizzo campagne e attività di raccolta fondi prestando mani testa cuore e faccia ad un’organizzazione) e al contempo sono anche consulente di fundraising per tante piccole organizzazioni non profit (e quindi spiego e indico agli altri cosa fare e come farlo per raggiungere un certo obiettivo).

La dinamica che vivo professionalmente nella doppia veste di fundraiser e consulente è questa, in 4 fasi:

  • fase 1: come fundraiser sperimento “sulla mia pelle” (e a mio rischio, prima ancora che dell’organizzazione) le attività di raccolta fondi che mi passano per la testa e che scopiazzo da quel che vedo in giro. Me ne assumo la responsabilità proponendole e attuandole.
  • fase 2: poi come consulente riapplico ciò che ho sperimentato a casi diversi, senza metterci le mani fino in fondo, ma abbastanza da dire che, se va bene è anche merito mio, se va male è anche colpa mia
  • fase 3: faccio comparazione e guardo cosa funziona meglio e cosa peggio, a parità di attività realizzate, tecniche impiegate, dinamiche organizzative innescate
  • fase 4: cerco di dedurre da queste “sperimentazioni incrociate” quali sono gli elementi di processo che non cambiano mai, indipendentemente dal settore in cui li applico e quali invece sono le “declinazioni di stile” che sono più appropriate a seconda del settore di questa o quella organizzazione

Bene, a questo punto forse ti chiederai: “E questo cosa mi insegna rispetto alla mia richiesta? Io volevo capire come si diventa consulente di fundraising!” Ora te lo spiego, o almeno ci provo!

Lavorare come consulente di fundraising mi ha dato molte lezioni (anche piuttosto dure), che ti riassumo qui sotto per paragrafi. Sono sicuro che dentro c’è molto di utile, ma spero più di tutto che tu ci troverai ciò di cui hai bisogno per chiarire come affacciarti al lavoro di consulente di fundraising!

I processi di sviluppo e i nodi fondamentali son sempre gli stessi

Puoi cambiare dimensione dell’organizzazione, puoi cambiare settore di azione, puoi cambiare la causa particolare, puoi cambiare il numero dei membri coinvolti, può essere un’organizzazione che ha 2 anni o 20, ma alla fine i nodi fondamentali da stringere in mano all’inizio, da riprendere nel mentre e da ri-riprendere alla fine sono sempre gli stessi, in ogni caso. A dire che, con le dovute differenze di stile comunicativo, non ci sono “modi nuovi” o “più furbi” di:

  • raccogliere nuovi contatti
  • spingere dolcemente a una prima donazione
  • cercare grandi donazioni
  • fidelizzare i donatori
  • recuperare donatori perduti
  • “trovare la voce” dell’organizzazione
  • diffondere quella voce in modo proficuo attraverso la comunicazione esterna
  • seminare e coltivare la cultura del fundraising nell’organizzazione
  • trovare e gestire volontari
  • etc etc

Troppo spesso mi capita di incontrare aspiranti fundraiser o potenziali clienti che pretenderebbero che esistessero delle formule particolari, uniche e iper-efficaci per la situazione particolare che stanno vivendo, ma l’esperienza mi insegna che per raggiungere uno qualunque degli obiettivi più sopra, i metodi da applicare e i processi da avviare sono sempre gli stessi!

O l’organizzazione spende, o l’organizzazione muore

Significa che l’organizzazione che spende su un consulente e sulle spese vive di fundraising senza troppe remore, nel mentre del percorso vedrà tornare indietro quel che ha investito e di più, mentre le organizzazioni che temporeggiano troppo attorno a domande filosofiche tipo “Investo o non investo?” “E’ ora o non è ora?” “Fa per noi o non fa per noi?” in realtà stanno rimandando una scelta che finiranno per fare troppo tardi.

Questa considerazione vale anche come “misurazione del polso” di quanto l’organizzazione saprà fare del buon fundraising. Ho lavorato con alcune piccole organizzazioni spendere tutto quel (poco) che potevano spendere in quel dato momento, ma metterci tanta grinta e convinzione che le cose sono “inevitabilmente” andate per il verso giusto… hanno scommesso su di sè e hanno vinto la sfida, e dirò: per forza! Ho visto troppe piangere il morto per abbassare le tariffe della consulenza (quando avrebbero serenamente potuto spendere!) e aspettare così tanto che poi, anche volendo impegnarsi, il tempo giusto ormai era andato da un bel pezzo… e chi sono le vere vittime di questo atteggiamento? I beneficiari dei progetti!

Se non hai fatto esperienza come fundraiser, sei poco credibile come consulente di fundraising

Anzi, se non hai tanta esperienza come fundraiser e quindi come parte di un’organizzazione non profit piccola, con tutti le sue illogiche ma vitali perdite di tempo, con le sue dinamiche molto umane e molto poco professionali o, viceversa, coi suoi esempi di umanità sconfinatamente bella, beh, spesso ti guarderanno con una certa diffidenza. Ma soprattutto, facilmente finirai per suggerire soluzioni tecniche che non solo non tengono conto della complessità generale dell’organizzazione, ma che entrano in conflitto con essa!

Un consulente riesce ad accomodare nello spazio man mano disponibile le attività prioritarie e, quasi sottotraccia, introduce negli interstizi anche quei “plus” che in un dato momento non potevano essere inseriti, a volte neanche presentati! Ma a volte si deve scalare la marcia verso giù, e in alcuni momenti è meglio fare soltanto un profondo respiro… quando e come è giusto farlo, lo può capire davvero solo chi è stato in vari momenti spettatore, amante, vittima e carnefice di tutto ciò che può accadere nella vita di un’organizzazione non profit!

Arriva con le mani fino a metà corsa, poi passa la staffetta

Se entri in un’organizzazione come consulente, qual è il tuo compito? Renderla autonoma nel gestire dalla A alla Z il proprio piano di fundraising! Come consulenti, sicuramente ci sono momento in cui BISOGNA sporcarsi le mani arrivando a fare anche tutto quello che i libri di testo deprecano, ma se si diventa essenziali e non sostituibili in qualcosa – qualsiasi cosa -, significa che si è andati troppo in là! Il consulente “arriva per andare via”, poi può passare ogni tanto per raddrizzare il tiro, ma se vuoi fare il fundraiser, fatti assumere e sposa quella causa in tutto e per tutto. Viceversa, un consulente lascia SEMPRE che l’ultima parte della corsa e il traguardo lo tagli lo staff dell’organizzazione cliente!

Conosci il donatore e saprai cosa fare in ogni situazione

E’ un corollario del primo punto. Ma ripetere aiuta: non è tanto una questione di settore, di buona causa, di natura giuridica dell’organizzazione… è molto più importante mettersi in testa e ricordarsi che i donatori vogliono tutti la stessa cosa: sentirsi bene stando più vicini possibili alle persone, agli animali, agli essere viventi, alle cose inanimate, ai beni intangibili che sostengono col proprio denaro, col loro tempo, con le loro competenze. I donatori vogliono questo e, se resta chiaro che è questo che desiderano più di ogni altra cosa al mondo, allora progettare cosa fare diventa molto semplice; come farlo si semplifica; resta solo da vestire con una comunicazione appropriata alla causa quel che si vuol comunicare.

Studiare o non studiare? Questo è il dilemma…

Molti mi chiedono: “Che master in fundraising è meglio frequentare?”, “Cosa hai studiato per diventare consulente?”, “Mi puoi consigliare qual è il corso di studi migliore per lavorare nel fundraising?”. Il mio percorso di studio e lavoro è tutto nel non profit, ma più che questo, è importantissimo evidenziare che, sebbene io abbia fatto certe scelte rispetto ai miei studi (laurea in Diritto dell’Economia del Non Profit, Master in Fundraising di Forlì, vari corsi di formazione), la “chiave” per me è sempre stato applicare nel mentre quel che scoprivo studiando: tra (lunghissime) esperienze di volontariato misto mare, prime avventure lavorative nella progettazione prima e nel fundraising poi, infine intrapresa la strada della raccolta fondi a partire dai primissimi gradini… studiare è importante, studiare e basta non serve a nulla (a NULLA), studiare e applicare nel mentre è saggio, continuare ad aggiornarsi è fondamentale. Quando abbastanza anni fa in Italia si parlava pochissimo di crowdfunding, stavo lanciando le mie campagne di personal fundraising assolutamente artigianali e fatte in casa, perchè volevo testare e imparare ancor più che riuscire.

Come direbbe la presidente di un mio cliente…

Assieme a te riusciamo a vedere le cose in prospettiva.

Assieme a te siamo riusciti, e riusciamo ogni giorno,

a proiettare l’associazione nel futuro!

E si, c’è la tecnica, ci sono i metodi, ci sono i piani, ma alla fin fine credo anche io che la funzione ultima di un consulente di fundraising debba essere questa: aiutare un’organizzazione a diventare quel che ha sempre sognato di essere!

Conclusioni

Devo proprio dirlo: fare il consulente di fundraising per le piccole organizzazioni è bellissimo, ma non è affatto una passeggiata. In questo mestiere c’è molto di dolce e molto di aspro… non si tratta solo di diventare bravi consulenti di fundraising e comunicazione (e tanto tanto altro), ma bravi amministratori di se stessi e bravi venditori.

E’ un percorso di alti e bassi e a volte senza una rotta così precisa o viceversa a volte troppo rigida, ma per me il viaggio vale tutto il prezzo del biglietto!

Bene, spero di averti dato qualche spunto e suggerimento per orientarti nel tuo percorso verso il lavoro nel fundraising. Se hai domande o vuoi condividere la tua esperienza, lascia un commento.

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Un commento su “Come si diventa consulente di fundraising?”

  1. Scrivo dal punto di vista della piccola organizzazione che ad un certo punto ha deciso di investire nel fundraising i pochi soldi che allora aveva (circa 4 anni fa se non ricordo male).
    Primo problema: chi e’ il fundraiser giusto per la tua associazione?
    Per quanto riguarda la nostra esperienza quello che, oltre che prospettarti mega corsi, fantomatiche campagne e schiere di volontari che non hai in quel momento, sa entrare in sintonia, calarsi nella tua realtà, prenderti per mano e iniziare un viaggio con te.
    Il consulente giusto durante il viaggio, lavorando con te, ti apre un mondo, ti forma e ti spinge naturalmente a far crescere quei semi che tu avevi ma li tenevi in un sacchettino, lui invece te li fa seminare, curare, innaffiare fino a diventare delle piante, a volte talmente rigogliose che nemmeno te lo aspettavi e tu stesso rimani stupito del miracolo.
    Io non diventerò mai un fundraiser, ma lavorando in perfetta sintonia con te la nostra organizzazione ha imparato davvero molto e riesce a fare anche brevi tratti da sola.
    Non potremmo mai pero’ fare a meno di quella sicurezza e di quello sguardo sul futuro che tu sai darci.

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