Le giornate di un fundraiser a chilometri zero

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[ nota del 4 ottobre 2014: rileggere questo post a distanza di 5 anni fa un certo che… 😀 ]


Cosa fa un fundraiser? Che lavoro é “fare fundraising” o “fare il fundraiser”?

Premetto, questo é un “post di sfogo”. Ma “sfogo” mica nel senso “Vomito a parole tutto lo stress che ho dentro per via del mio lavoro”. Piuttosto é un modo di mettere nero su bianco (e condividere con te!) tanti pensieri generati dal mio lavoro, che devo far uscire per riordinare le idee.

Dunque, contestualizzato tutto nella realtà in cui lavoro (uno start-up, sia di progetto che di fundraising), riformulo la domanda iniziale: com’è la giornata tipo di un “fundraiser a km zero”?

Brevissima pausa: come forse avrai notato, non ho scritto alcun reportage sul Festival del Fundraising. Non è passato molto, ma in linea di massima credo che non tornerò sul tema. Il mio giudizio complessivo é: molto molto molto buono. E ti consigilio davvero di andarci. Metti da parte 500€, fattelo pagare dalla tua organizzazione, ancora meglio proponiti come volontario: basta che tu ci vada! 🙂 Ma ti rimando ai bellissimi post di Virgina Tarozzi (parte prima e parte seconda) per farti un’idea migliore!

Eccoti una lista (parziale) di quanto mi capita fare nello stesso giorno (le combinazioni sceglile tu):

  • ricerca di sponsor per l’evento di inaugurazione delle prime strutture accessibili
  • elaborazione grafica materiali promozionali dell’evento di cui sopra
  • incontro con una persona interessata al progetto per via del figlio disabile
  • ufficio stampa
  • intervista su una tv locale (e poi guardarsi col solito imbarazzo)
  • riunione con il capo (e non avere mai veramente finito)
  • riunione con i partner di progetto
  • verbalizzazione delle riunioni (e ping pong di mail per correzioni, integrazioni, approfondimenti…)
  • guidare il furgone per ritirare una grossa donazione di mobili
  • cercare volontari che aiutino col trasloco
  • presentare il progetto ad una delle impresa leader mondiali nella progettazione e installazione di macchine profilatrici e impianti hi-tech completi per l’industria
  • disegnare la disposizione dei moduli delle cucine per il falegname (che per altro probabilmente si arrangerebbe bene anche da solo)
  • aiutare il falegname col montaggio di un letto a ponte
  • andare a conoscere gli assessori del comune di realizzazione del progetto
  • andare al convegno di Assifero a Roma
  • dividere un centinaio di lampade tra tutti gli alloggi in cui abiteranno le persone in difficoltà (e scoprire che documento di trasporto e spedizione centrano poco l’uno con l’altra)
  • studiare il bando regionale per la richiesta di contributi in materia di beni immobili non statali a carattere storico – monumentale
  • chiamare il Genio Civile di Venezia per metterci d’accordo su un sopralluogo al cantiere
  • andare a trovare in ospedale il genitore di cui al 3° punto, il figlio sta molto male
  • sentirsi dire un “Grazie” che ti strappa il cuore da una donatrice
  • intrattenersi 30 minuti con uno degli ospiti e spiegargli cos’è l’e-mail e come può usarla per cercare lavoro
  • preparare la documentazione per la deducibilità fiscale di varie donazioni in beni (il che comporta sempre almeno una decina di chiamate con gli uffici amministrativi delle imprese donatrici, che raramente sanno di cosa si tratta)
  • organizzare una visita guidata alle strutture per 10 persone
  • fare promozione in pizza con stand, volantini, ecc ecc
  • gestire le relazioni con EnelCuore
  • preparare la newsletter (e essere sempre sul filo del rasoio)
  • fare il nuovo set di foto per garantire il corretto avanzamento dei lavori (e accorgersi mentre stampi che manca giusto quella stanza lì…)
  • ricevere la visita inattesa di una signora di mezza età che ha perso il lavoro e non sa più che fare
  • spedire le lettere di ringraziamento per le donazioni ricevute (e personalizzarli tutti a mano)
  • recuperare un database corrotto
  • andare a prendere i figli del capo quando escono da scuola (uno io e uno il capo!)
  • incontrare una delle tante associazioni locali per capire come collaborare
  • fare il piano annuale di fundraising… (e sapere che se il giorno “x” c’è la cantina allagata per una perdita d’acqua, niente é più importante di asciugarla…)

Allora ecco la domanda che sorge da sè: con tutto questo, posso definirmi ancora un fundraiser?

E’ la croce e delizia delle piccole organizzazioni: fare tutto diventa necessario. Perché la sponsorizzazione all’evento sta sullo stesso piano di montare i mobili di un appartamento in tempo per accogliere i suoi prossimi abitanti. Poche remore: se c’è da fare, si fa. La scopa e il telefono hanno la stessa importanza e lo stesso valore. Quando si é solo in 2 dipendenti, ancor di più.

Nelle piccole organizzazioni non profit che lavorano nel locale, davvero una persona può dedicarsi in esclusiva alla raccolta fondi? E occuparsi di tante cose tutte assieme, come e quanto influenza i risultati del fundraiser?

Discutiamone nei commenti. Inizia tu, la tua esperienza é fondamentale!

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8 commenti su “Le giornate di un fundraiser a chilometri zero”

  1. Mi ha fatto sorridere questo post, mi ci sono ritrovata in pieno! Negli ultimi due anni e mezzo ho lavorato per una ONG piccolina, il GTV <a href="http:// (www.gtvonline.org)” target=”_blank”> <a href="http://(www.gtvonline.org)” target=”_blank”>(www.gtvonline.org) e in effetti come "coordinatrice comunicazione" la situazione era proprio questa…con una variante in più: mole di lavoro da tempo pieno ma disponibilità solo per un salario part time. Eh, di necessità virtù. Devo dire che da quella esperienza sono cresciuta tantissimo a livello personale e professionale…e poi fa parte del processo di strutturalizzazione delle piccole associazioni secondo me. Dedicarsi solo al fundraising se, come dici tu, "la cantina è allagata" non ha senso…piuttosto credo che si tratti di un processo dove, pian pianino, il fundraiser cerca di spostarsi sempre di più sulle attività che dovrebbe fare invece di occuparsi delle altre, facendo capire all'organizzazione anche le sue necessità…ovviamente tenendo a mente che un minimo di flessibilità ci vuole sempre!

    • Grazie di aver condiviso la tua esperienza Novella!
      Quando dici che "il fundraiser cerca di spostarsi sempre di più sulle attività che dovrebbe fare invece di occuparsi delle altre, facendo capire all'organizzazione anche le sue necessità", secondo me centri la questione!
      Si viene assunti per raccogliere fondi, ma poi c'è talmente tanto altro di propedeutico e di contorno da fare per impostare il fundraising… ovviamente un insieme di cose che NON é produttivo che, avesse pure tutte le competenze, siano fatte da un'unica persona!

    • Beh, se serve sono qui! 😉 Abbi solo cura di fare già una lista come sopra… ah, dimenticavo che il babysitting conta come straordinario anche se in orario di lavoro! 😀 Ciao Elena e grazie di essere passata!

  2. Ciao Riccardo! Se ne parlava proprio in questi giorni al "conclave" del Direttivo Assif nella campagna veronese: fare il fundraiser per piccole organizzazioni locali è davvero una bella sfida! Però che soddisfazione quando poi i risultati arrivano! Grazie per questo bel post che faccio subito circolare e a presto spero! Marianna

  3. :-)) io aggiungerei anche le riunioni fino a mezzanotte! Io faccio la consulente fundraising per il centro servizi al volontariato e devo moltiplicare questa lista per tutte le odv che vengono da me. Pero' che soddisfazione, altro che il mio primo lavoro in Telethon!

    • Ciao Erica, le riunione fino a mezzanotte sono il minimo. Ma che soddisfazione quando se ne esce con qualche buona decisione, eh? L'attività che svolgi é interessantissima e sarebbe un piacere poterti intervistare sul tuo lavoro, attuale e passato. Ce ne fossero di "sportelli fundraising" in tutti i CSV! Fra l'altro, devo dirti che il tuo blog é stato forse la massima ispirazione per cominciare questo: centrato sul piccolo, sul pratico, sull'esperienza. Dobbiamo sentirci meglio! Un saluto e grazie di essere passata di qui!

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