Test del fundraising: qual è il profilo della tua piccola onp? (o “Causa, progetto, organizzazione: come state messi?”)

Test del fundraising: qual è il profilo della tua piccola onp? (o “Causa, progetto, organizzazione: come state messi?”)

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Cosa determina il successo del fundraising? Quali sono i fattori che determinano il buon esito o il disastro nella raccolta fondi?

Io ci ragiono ogni giorno. E sono sicuro che queste domande almeno una volta te le sei fatte anche tu! Per te che ti occupi del fundraising // foundrising in piccole o medie organizzazioni non profit interrogarsi su questo tema è necessario!

In questo articolo ti propongo un test per capire potenzialità e criticità della raccolta fondi nella tua organizzazione.

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In altre parole:

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I 3 elementi da valutare per capire la vostra putenza nella raccolta fondi

Per la tua organizzazione, per il tuo caso, andremo a valutare questi tre elementi:

  • la buona causa (e per forza!)
  • il progetto da finanziare (ma no!)
  • l’organizzazione (eh si!)

Per dovere di sintesi (dote che come sai, mi manca) a favore di te che sei curioso ma non così tanto, gli elementi che devi considerare per valutare la potenzialità di raccolta fondi sono quelli che seguono. Te li riassumo in tre domande e relative sottodomande:

  • la buona causa funziona?

    • è popolare o impopolare nel vostro contesto (storico, geografico, sociale, politico, economico?)
    • è facile da spiegare/capire per un potenziale sostenitore oppure è particolarmente ostica?
    • intercetta i valori e/o l’interesse di una popolazione ampia o ristretta che potrebbe sostenerla?

Di fatto (discussione partita con violenza nel gruppo chiuso Facebook “fundraising – non importa come lo dici ma come lo fai”) si può raccogliere per qualsiasi causa. Quindi anche quando la causa è poco popolare, anche quando è difficile da spiegare e al contempo la popolazione che intercetta è ristretta, il fundraising può funzionare. E a volte pure molto bene!

Ti consiglio quindi di preoccuparti molto di più dei due elementi che seguono:

  • il progetto da finanziare è ben costruito?

    • è SMART ** (semplice, misurabile, attuabile, rilevante, temporizzato) oppure volatile come un fagiano?
    • è comunicato in modo efficace, anche nei risultati o i geroglifici sui papiri cancellati sono più eloquenti?
    • produce un impatto sociale significativo e dimostrabile o solletica l’ego del suo Archimede Pitagorico?

Un progetto di per sè dovrebbe puntare (meglio: essere) eccellente. Nel mercato del fundraising un progetto meno che eccellente comincia già ad avere vita dura. Se è eccellente e comunicato male, farai fatica a farlo emergere. Se lo comunichi bene ma non dai riscontro dei risultati, ti mangi ottime opportunità di raccolta fondi. Però, diciamo la verità, e cioè che anche progetti non di punta possono attrarre donazioni, e pure se sono comunicati non proprio benissimo e anche se i riscontri sui risultati sono parziali. Consiglio spassionato? Punta all’ottimo.

  • l’organizzazione sta in piedi?

    • ha un buon patrimonio di relazioni per la raccolta fondi oppure è quello che sta nell’angolo alla festa delle medie?
    • ha in sè una cultura (parola grossa) dell’investimento oppure nasconde i soldi sotto il materasso?
    • i membri (a ogni livello) sono coinvolti nel fundraising // fanrenzi o “timbroilcartellinoescappoacasa”?

Come vedrai nel test, qui è dove sono stato più severo. Fai finta di essere ok per causa e progetto. Beh, se l’organizzazione è traballante, addio prodotti (espressione delle parti mie, che significa “andrà a finire male”!).

Tutto ok? Parti!

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* Nota bene: in statistica ero scarso e mi sa che non ho fatto passi da gigante. Pensa che dovevo darlo come primo esame del primo anno all’università: l’ho dato per ultimo andando a ripetizioni. Quindi, se hai fatto il test forse ti sarà salita la critica che sono stato troppo generoso (non c’è neanche una valutazione intermedia!). Vuoi sapere perché? Perché nella vita reale troverai poche organizzazioni messe così male che non c’è nessun margine di lavorare sul fundraising o ancora meglio sul miglioramento degli aspetti legati alla buona causa, al progetto e all’organizzazione. Troverai invece tante che funzionano (relativamente ai propri obiettivi) o che possono funzionare meglio (e sono quelle che ci interessano di più come consulenti e interni). Quindi, adesso bando alla statistica e w la pratica!

** SMART: uno degli acronimi più riusciti della storia, davvero! Un progetto tanto più è SMART, meglio funziona. Ed è vero! In poche parole: se un progetto è SMART domani mattina hai chiaro cosa fare e chi lo deve fare, altrimenti no. Per una definizione utile di SMART consulta wicchippedia.


Ecco il profilo di fundraising / findusrezzing della tua piccola organizzazione

* Nota benissimo: dopo aver fatto il test diversi mi hanno scritto in preda al panico perché non solo gli è uscito uno dei profili “peggiori”, ma pure ci hanno ritrovato DAVVERO le piccole organizzazioni che seguono. A beneficio di tutti: se state cominciando a lavorare sul fundraising, a meno che non siate dei campioni del mondo, è facile che ricadiate in un profilo “scadente”. Ma in questo e in ogni altro caso: MAI PAURA! DA 0 a 100 c’è tanto che si può fare… avanti tutta!

Fatto il test? Ottimo! Ora scoprirai che la tua organizzazione quanto a fundraising / fraudrising corrisponde a uno di questi profili scientificamente provati (NB: ovviamente non sono scientificamente provati. Incontro e “studio” tante piccole e medie organizzazioni e mi pare che le situazioni possano essere inquadrate in questi divertissement).

A. Quelli che siamotroppoffforti (oppure abbiamo barato)

E’ il caso delle piccole e medie organizzazioni che, per quanto il start-up di raccolta fondi e minute, stanno facendo le cose giuste. Non che ci sia molto da dire, non è che le trovi sotto i cavoli, ma in giro ci sono. E’ il caso di un’associazione di Roma che avendo una buona causa forte e popolare (bambini disagiati e sport), un progetto con i fiocchi (formazione atletica e “alla vita” con educatori e celebrità) e un’organizzazione attivissima e solida (tutti volontari eh!), nel primo anno da zero ha raccolto 150.000€. Non ti dico il nome perché non lo ricordo e perché al tempo mi dissero di essere cauto. E così è (ma se vi riconoscete in questa descrizione, sentiamoci per palesarvi).

B. Quelli che mi piace parecchio guardare la mia casa che brucia

 Ci sono cause pervasive, “semplici” e popolari che si accompagnano a progetti forti e ben studiati. Peccato che tutto ciò sia frutto dell’abile mente di un manipolo di indomiti che se non sta litigando con il resto dell’organizzazione, se non altro si trova a fare le cose senza il resto dell’organizzazione. Di solito questo comporta che le donazioni arrivano perché i progetti effettivamente sono di qualità e attrattivi, ma l’organizzazione è talmente precaria (solo “no” alla proposta di spendere per la raccolta fondi; rifiuto di coinvolgere le proprie relazioni; disinteresse e ostilità per il fundraising) che è facile che domani l’organizzazione salti per aria, portandosi nella fossa anche i progetti. L’alternativa sono le organizzazioni che fanno una raccolta fondi troppo discontinua e altilenante, tanto che diventa più motivo di crisi che opportunità. La casa sta bruciando, tutti lo sanno, ma visto che in casa si litiga c’è un sottile compiacimento nello spettacolo.

C. Quelli che del doman non v’è certezza ma chissenefrega

E’ il caso delle piccole e medie organizzazioni che hanno pure una causa “facile” e un’organizzazione convinta che ci sia qualcosa da fare e coesa attorno a questa idea, solo che non hanno idea di cosa fare per raccogliere meglio. Dico meglio perché le organizzazioni di questo profilo spesso riescono a raccogliere fondi di anno in anno, ma di fatto stanno facendo peggio di quel che potrebbero ottenere. Fanno tante attività, ma non hanno chiaro che il marketing e la raccolta fondi strutturata non sono vestiti per farsi fighi il sabato sera bensì funzioni fondamentali della sostenibilità delle aziende non profit. Qui la differenza la fa (farebbe) della buona formazione su principi e tecniche di fundraising, se la tua organizzazione si trova qui, pensateci bene. Anzi, frequentatene uno. Domani. Vedrete che vale l’investimento!

D. Quelli che siamo 300 più o meno giovani e nella gola vi sfasciamo

Le mie preferite. Ci sono organizzazioni che lavorano su cause difficili, poco comunicabili, di “nicchia” (w le nicchie). Ma visto che a differenza del profilo “c” hanno ben chiaro cosa vada fatto, nel loro piccolo/medio quanto a raccolta fondi stanno facendo due chiappe così a tanta gente. Come gli spartani di 300: la loro causa era “persa”, ma erano così preparati e ben strutturati che manco la testa di ago facevano passare. Ci sono tante cause sfigate che fanno bene raccolta fondi, in particolare lavorando su medie e grandi donazioni. Se ti manca il “grande pubblico”, lavorando molto bene sul database per il fundraising puoi trovare bei soldini. Quanti, è relativo agli obiettivi di ricerca. Ma se il management (parola pari a fundraising / frendspanting quanto a storpiature) è intelligente nel determinare gli obiettivi, è molto probabile che di anno in anno ci vada molto vicino se non a segno.

E. Quelli che “vieni, sono sicurissimo che è per di là” e poi cadono nel dirupo (da soli)

E’ il profilo delle organizzazioni convintissime e con una causa che nel contesto di riferimento avrebbe anche senso, solo che: non c’è un’organizzazione, ma una-due persone. Non c’è un progetto ma una serie di idee. Al solito, queste 1-2 persone fanno un sacco di cose per raccogliere fondi, ma è come buttare acqua nel buco col secchio, perché c’è tanta tanta tanta convinzione attorno a una causa giusta e nessuna progettualità e organizzazione che permetta di andare oltre gli scarsi risultati ottenibili con enormi sacrifici e spinti dalle migliori intenzioni. Se incontri queste non-organizzazioni, sarai travolto (senza il senso buono: travolto e basta) dalla loro carica. Alla fine della corsa però c’è un dirupo, tutti staranno a guardare convinti che gente così è un peccato che si spiaccichi a terra e si, dai che ci ripensano. Ma eccoli, guarda come saltano.

F. Quelli che se Alessandro Magno è arrivato fin lì, capiamoci, che poi arriviamo un metro più avanti

E’ il profilo delle organizzazioni pronte a partire verso i bei lidi della raccolta fondi strutturata. Queste le trovo mentre stanno ragionando sul da farsi, quindi il “no” sul progetto è dovuto al fatto che si stanno chiarendo le idee e mettendo nero su bianco le cose, non per una debolezza consolidata. Se la causa è debole, o meglio difficile, in questi casi (salvo gli estremi, tipo quelli che combattono per il diritto degli africani di avere il riscaldamento a pavimento) non è un grosso problema. Queste piccole e medie organizzazioni ci sono con la testa e con il cuore: hanno già capito che vanno fatti degli investimenti e hanno già deciso di farli. Hanno già condiviso che bisogna muoversi assieme e muovere le relazioni che si hanno per cominciare a fare fundraising / fiund reesing. La causa è di nicchia? Può funzionare. Il progetto non è chiaro? Si può chiarire e strutturare. Queste organizzazioni hanno il potenziale di conquistare il mondo, se non altro quello che gli interessa. E quando serve possono arrivere un metro più avanti di Alessandro Magno, che in India di fronte all’oceano pure si è fermato.

G. Quelli che so che fare banchetti mi sta portando al divorzio ma insisto anche se amo la mia famiglia

Ci sono piccole e medie organizzazioni che trattano cause difficili e che le esprimono in termini di ricerca fondi con progetti ben costruiti, ben comunicati, impattanti a livello sociale. Solo che l’organizzazione qui è poco o per nulla partecipe. Quindi è ok investire. E’ ok muovere un po’ le relazioni. Ma poi non chiedermi di fare le cose. Ma visto che la raccolta fondi ha già dato segni di funzionare, a volte anche piuttosto bene, c’è chi si massacrerà per far marciare le cose. Massacrerà nel senso che, salvo qualche raro supereroe, a un certo punto schiopperà sul serio. Girate un po’ a conoscerle, le riconoscerete quando vedrete che funzionano, ma le persone in prima linea sono visibilmente stremate. Il problema è che sono da sole con l’appoggio di tutti, posizione che le motiva a continuare, ma rischiando personalmente, in tutti i sensi. E’ una questione di scelta personale, e la domanda diventa: e quando quelli in prima linea schioppano, cosa succede al fundraising / fonffonfing?

H. Quelli che la fine del mondo è vicina e noi contribuiamo a fare prima

Questo è il caso limite, che in verità non è così facile beccare in giro, ma c’è! Qui io incontro due situazioni: cose che non partono mai in termini di raccolta fondi, ma dei progetti un po’ incasinati e poco utili vengono realizzati lo stesso a costo zero, cioè recuperando cose qui e lì e direttamente da chi sta sul campo, senza nessuna prospettiva di senso e di azione. E quindi a parte coniugi, genitori, fratelli nessuno dona, dopo un po’ neanche loro visto che stanno donando per farti un piacere e non perchè ne valga la pena. Oppure è il caso di quelli che stanno facendo raccolta fondi per cause complicate e a un certo punto l’organizzazione si spacca o il progetto diventa inattuale e allora precipita tutto: il fundraising / fondgratting cessa, i progetti si interrompono, l’organizzazione fa diaspora. Qui la soluzione non la trovo: è il caso in cui forse è meglio che salti tutto o non parta niente, perché alla disciplina del fundraising, al mercato della raccolta fondi e all’organizzazione questi profili in giro fanno più male che bene. Il peccato è che dei bisogni rimangono insoddisfatti, ma tant’è.

Finalmente so chi sono. E ora cosa me ne faccio?

Quello che risulta da questo accuratissimo test è che il nulla o la fine riguardano poche organizzazioni. Per tutte le altre: si può fare, ma c’è da lavorare!

Sei hai letto anche solo un articolo di questo blog tu sai che come dico le cose è questione di stile e non di sostanza. Cioè: qui parliamo di cose serie e ci scherziamo su, perché questa cosa del fundraising e del marketing per le piccole e medie organizzazioni non profit è una sfida entusiasmante e concreta, da prendere fra le mani per farla riuscire meglio, non una fonte di ansie e di senso di incapacità solo perché in questo momento ci sono un po’ di cose da sistemare.

Salvo che tu sia risultato di profilo “A” (e se è così, ammetti se hai barato! :D), in ogni altro caso ho tre consigli per te:

  • coinvolgi la tua organizzazione nella formazione sul fundraising e sul marketing per il non profit: ci sono tanti bravi professionisti in giro e scuole di formazione consolidate che possono venire lì da voi a farvi da coach oppure accogliervi nelle proprie aule per lezioni frontali e laboratori. Tutta la tua organizzazione va formata su principi, teorie e mercati del fundraising, poi tu e chi sta sul campo potete approfondire con le tecniche. Ma il fundraising è un affare di famiglia!
  • considera che tu e la tua organizzazione potete avere bisogno di essere affiancati per un periodo: tu puoi essere bravo nel tuo, anche tanto. Dopo l’aula e dopo i libri può essere davvero importante fare un po’ di strada assieme a un consulente che abbia una visione d’insieme più complessa e variegata di quella che, (è così!) puoi avere tu restando sempre concentrato sulla vostra causa, sui vostri progetti, sulle vostre azioni di raccolta fondi. La consulenza non è per tutta la vita, ma può fare bene per anni e anni a venire.
  • considera i tuoi concorrenti/colleghi i tuoi compagni di avventura e tuoi pari: nel gruppo Facebook “fundraising – non importa come lo dici ma come lo fai” ad esempio ci stiamo dando una mano, ogni giorno. Fundraiser e consulenti esperti, in avvio, consolidati, in sperimentazione di sè, ci stiamo scambiando un sacco di informazione, pareri, consigli, richieste riguardo la raccolta fondi per le piccole e medie organizzazioni non profit. E poi ci sono i Gruppi Territoriali Assif. E poi il Festival del Fundraising. E ci troverai tante persone che sono generose di condividere la propria esperienza. Comincia tu per primo a mettere le cose sul piatto, vedrai che te ne porterai a casa di più.

Allora, qual è il profilo della tua organizzazione? Come state messi a fundraising / fanresi?

Lascia un commento e da qui alla prossima… avanti tutta!

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2 commenti su “Test del fundraising: qual è il profilo della tua piccola onp? (o “Causa, progetto, organizzazione: come state messi?”)”

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