Una lotteria da 25000 biglietti in una valle di 30000 abitanti? Intervista a Francesco Tosato – 2/2

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Ieri nella prima parte di questa intervista hai potuto leggere dello start-up di fundraising della Cooperativa Sociale Monterverde, seguito dal giovane fundraiser Francesco Tosato e Luciano Zanin. Oggi terminiamo l’intervista, con Francesco che ci spiega come ha fatto a vendere 25000 biglietti in una valle di 30000 abitanti!

E ora passiamo alla bomba: raccontaci la leggenda! Avete venduto 25.000 biglietti della lotteria in una valle di 30.000 abitanti…

Si, la Val d’Illasi effettivamente ha 30.000 abitanti. La lotteria dei 25.000 biglietti venduti è stata forse l’iniziativa più difficile da far partire, perché abbiamo dovuto investire davvero molto sul coordinamento. La lotteria ha una gestione burocratica, di controllo e verifica continua che a un certo punto richiede addirittura l’impiego di una persona a tempo pieno. Abbiamo lanciato un’iniziativa di 2 mesi (marzo – maggio 2011) e attivato una rete di incaricati che si sono fatti carico ognuno di un 10-15 blocchetti di biglietti, liberi di distribuirli dove meglio credevano. Per poter monitorare la distribuzione abbiamo dovuto predisporre una serie di procedure di tracciabilità che riguardano tempistiche di controllo, persone contattate e da contattare, canali di comunicazione e via così. Questo per poter individuare in ogni momento dov’erano finiti i blocchetti. La necessità di organizzare tutto ciò crea un giro importante di attivisti: la nostra squadra era di circa 70 incaricati tra soci lavoratori e familiari! La nostra base di donatori è cresciuta molto: grazie a questa lotteria e altre iniziative di merchandising siamo passati dagli iniziali 100 a quasi 6000 donatori. Come risultato di tutti questi sforzi congiunti, nel 2011 abbiamo ottenuto risultati davvero importanti con 108.000€ di raccolta.

La ricetta di questa ottima riuscita?

Questo primo successo è stato possibile solo grazie all’enorme impegno delle 45 famiglie della cooperativa che hanno tappezzato ogni negozio, ogni circolo, addirittura stando letteralmente per strada. Erano talmente coinvolte nella causa che sono riuscite a vendere tutti i biglietti da sole, senza appoggiarci ad altre realtà e gruppi, che comunque ci hanno aiutato ad esempio nella vendita dei calendari.

Quindi, tanti colpi giusti. Cavolo, complimenti! Ma dimmi: quali criticità ti trovi e vi trovate ad affrontare in questo start-up, chiamiamolo “start-up avanzato”, di fundraising?

Purtroppo non abbiamo ancora costruito un vero e proprio database. Con la lotteria ad esempio abbiamo raggiunto un numero davvero importante di sostenitori, ma era il nostro primo tentativo e non abbiamo strutturato in modo ottimale e pianificato il coinvolgimento dei singoli donatori e negozi. Inoltre risulta ormai necessario strutturare un vero e proprio “ufficio fundraising”, dove vi siano più persone, part-time o full-time, che seguono i diversi settori d’attività. Ad oggi ho la fortuna di essere assistito alla grande dai consulenti di Fundraiserperpassione, Luciano Zanin e Guya Raco, che ci supportano nella pianificazione e nell’implementazione delle azioni. Oltre a questo sono fermamente convinto che la comunicazione e l’uso dell’immagine in particolare debbano continuare a seguire un rapporto corretto con il territorio: non vogliamo impietosire o parlare alla pancia, vogliamo sensibilizzare e coinvolgere per creare partnership durature. E questo è decisamente molto impegnativo dal lato organizzativo.

Una curiosità: all’inizio di questa intervista mi hai raccontato di aver “litigato” con Luciano Zanin rispetto all’implementazione del fundraising. E’ cambiato qualcosa da allora?

Quello che è cambiato in me è aver preso consapevolezza della potenzialità del fundraising come strumento di condivisione dei bisogni reali delle persone che vengono coinvolte. Abbiamo capito che la Cooperativa Monteverde non poteva perseguire la sua mission solamente attendendo le erogazioni del settore pubblico: le tasse sono un sistema di contribuzione coercitivo, la donazione invece è un gesto consapevole e volontario che genera una vera redistribuzione delle risorse. Ho capito insomma che il fundraising é uno strumento di condivisione, in tutti i sensi.

Bene! Ora andiamo sul personale: come ti senti nei panni del fundraiser? Quali sono per te le sfide, i piaceri…

E’ una domanda da 100 milioni! Fare il fundraiser é un ruolo dinamico e di continuo cambiamento, che implica essere sempre attento e vigile a cosa succede sia all’interno che all’esterno dell’organizzazione. Devi imparare a interpretare bene queste dinamiche e a spingere il cambiamento nell’approccio e nella comunicazione. Sento di dover essere flessibile, senza mai adagiarmi su quello che abbiamo già fatto. Fare fundraising ed essere un fundraiser per me è un’attività estremamente soggettiva: non sono così certo di poter fare fundraising in ambienti o in settori di attività diversi da questa, o se non altro non nello stesso modo o con gli stessi risultati. Per me conta molto la capacità di interagire direttamente con le singole persone e realtà, piccoli donatori, associazioni, enti locali, una serie di interlocutori fondamentali che per la Cooperativa Monteverde pesano molto di più che non fondazioni o imprese di grande dimensione.

Se dovessi definire  in poche parole il tuo lavoro nella Cooperativa Monteverde?

Faccio un “fundraising di comunità”, cioè un fundraising che c’è e vive solo grazie al rapporto continuo con le persone e con i piccoli donatori. Credo che questo sia anche il mio maggiore punto di forza, cioè essere capace di coinvolgere faccia a faccia le singole persone che fanno parte del suo gruppo di lavoro e motivarle ad un’azione continua e coordinata.

Obiettivi per il futuro?

Obiettivi per il futuro… se l’anno prossimo riusciamo a vendere 50.000 biglietti, poi Luciano Zanin mi porta in giro come un fenomeno da baraccone! Scherzo… comunque l’obbiettivo della prossima lotteria è proprio di vendere 50.000 biglietti! Vogliamo inoltre indagare in modo più strutturato e specifico il mercato dei grandi donatori: crediamo che a questo punto la differenza la faranno alcuni grandi donatori. La media delle donazioni che riceviamo è di 100€ e se ci metti dentro anche le campagne più legate al merchandising la media è di 8€ dalle persone fisiche e di circa 680€ dalle imprese. Trovare donatori da 5-10.000 € non è cosa da poco! Analizzando i dati degli anni prima abbiamo notato un’alta efficienza fra le imprese, nel senso che circa 1/4 delle imprese prospect sollecitate ha risposto con una donazione e quindi la mia sua figura sarà spesa di più su questo segmento. Sto creando un ufficio interno di fundraising, cosa non da poco: la cooperativa ha circa 40 dipendenti e l’ufficio fundraising avrà un volontario in servizio civile come braccio, un part-time che si occuperà dei piccoli donatori, delle campagne e fino ai medi donatori e io invece lavorerò sui grandi e grandissimi donatori. Altro grosso obiettivo del 2012 è implementare un programma per gestire il database e investire su un sito internet nuovo, a supporto del salto organizzativo che stiamo preparando.

Insomma: il fundraising s’ha da fare? Che opportunità credi che rappresenti per una realtà a “km zero” come la vostra?

Nel periodo di crisi dei servizi della Monteverde, il fundraising ha permesso di trovare servizi nuovi e di rilanciare i vecchi, aprendo i rapporti coi nuovi sostenitori, specialmente imprese e altre aziende presso le quali abbiamo potuto promuovere i nostri servizi e aprire nuove commesse. Quindi il fundraising ha rimesso in moto anche la parte commerciale attraverso il rilancio dei servizi, perché proponendosi e creando nuove reti abbiamo potuto cogliere i bisogni e le carenze del territorio, dinamiche che non puoi attivare quando sei in continuo stato di emergenza! Inoltre il fundraising ci ha obbligato a rivedere tutta la comunicazione sulle nostre attività: abbiamo messo in moto una promozione fino ad allora mai fatta in modo sistematico.

Non ultimo, il fundraising ha dettato una certa riorganizzazione interna: abbiamo messo in discussione le nostre posizioni in modo trasversale tra tutti i servizi classici della cooperativa e questo ci ha dato un’ulteriore stimolo.

Credo che il fundraising sia un motore di cambiamento positivo potente per le organizzazioni, i loro progetti e per tutta la comunità.

Grazie di cuore, Francesco! Condividere con tanta generosità e franchezza non è cosa da poco.

Quali sono le tue impressioni, pensieri, spunti, critiche? Lascia un commento e discutiamone!

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8 commenti su “Una lotteria da 25000 biglietti in una valle di 30000 abitanti? Intervista a Francesco Tosato – 2/2”

  1. Che dire, una bella case history davvero.

    Un successo di questa portata non era certo prevedibile ma con impegno e tanta dedizione Francesco è riuscito in questa impresa. Complimenti.

    Ho proiettato questa iniziativa nella valle dove abito io (che tra l'altro è proprio di 30.000 abitanti) e mi sono immaginato il risultato… non proprio simile a quello citato 🙁

    Mi piacerebbe anche sapere come era strutturata la lotteria, quanti erano i premi?, di che valore?, che messaggio aveva l'iniziativa?

    Grazie Riccardo per l'articolo e ancora complimenti a Francesco.

    • Ciao Mattia!

      Sono convinto che questo tipo di iniziativa sia riproducibile anche in altri contesti..l'unica cosa da tenere presente è appunto la potenzialità della propria organizzazione e quindi le dimensioni raggiungibili. Quello che ti consiglio é di fare un vero e proprio tavolo di lavoro, con lavoratori, genitori e volontari, e di provare a capire insieme quanti e quali canali di distribuzione si possono utilizzare. Da lì hai un'idea delle dimensioni.

      Punti essenziali:

      – trasmettere a tutti i collaboratori il fatto di essere "cercatori di venditori" e non venditori di biglietti;

      – dare l'incarico a una persona singola di seguire la distribuzione e il monitoraggio continuo dei cercatori e dei blocchetti;

      – mettere in piedi un sistema di moduli e ricevute il più semplice e chiaro possibile (e se ti serve ti posso girare il nostro materiale) per poter seguire il tutto.

      Altri dati interessanti:

      – i premi erano 10, a partire da un viaggio in crocera fino ad un cambio olio per auto, donati o sponsorizzati al 95%;

      – la buona causa era il Centro Diurno per persone con disabilità.

      Per altre delucidazioni sono disponibilissimo, scrivimi pure a f.tosato@monteverdeonlus.it.

      Vi farò sapere come va con la sfida dei 50.000…per farcela devo riuscire a coinvolgere associazioni anche fuori dalla Val d'Illasi…chissà!

      Buona raccolta!

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  3. Molto interessante: ho letto tutta l'intervista in maniera appassionata. Ottimo lavoro, Riccardo… e ottimo lavoro quello di Francesco!

    Alcuni spunti sono quelli che sto analizzando per una realtà, molto più piccola in termini associativi, che ha come contesto di riferimento una piccola comunità. E proprio le relazioni personali si stanno rivelando fondamentali e ricche di generosità in termini di tempo (oltre che di donazioni), anche per la rete che poi, in maniera del tutto autonoma e disinteressata, riescono a produrre.

    Il mio background è quello delle grandi realtà, e non avevo davvero cognizione di quanto fossero ricche quelle piccole, dove realmente il motore di sviluppo del fundraising sono innanzitutto il coinvolgimento e la relazione e solo dopo il fattore economico. E' una bella "botta" di "bella umanità".

    E l'esperienza che racconta Francesco mi conferma l'approccio…anche se a me manca (ancora) l'esperienza della lotteria!

    Grazie a entrambi per aver condiviso questo racconto!

    • Già, le piccole realtà hanno spesso tesori nascosti … il fundraiser da "maieuta" può aiutare a scoprire il potenziale e a trovare le risposte ai bisogni strategici, organizzativi ed economici di queste piccole e medie realtà. Torno a dire: se le risorse alla fin fine ci sono, non è che la questione di base sia la "cultura della raccolta fondi"? Io penso che, in buona parte, lo scoglio più grande sia questo! Grazie del tuo commento Simona!

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