“Lavorare nel fundraising? Mi piacerebbe, ma…” : le 5 mosse che devi fare in contemporanea per eliminare il condizionale e quel “ma”!

“Lavorare nel fundraising? Mi piacerebbe, ma…” : le 5 mosse che devi fare in contemporanea per eliminare il condizionale e quel “ma”!

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Spesso mi capita di rispondere in privato (via mail, su Facebook, su Linkedin, su Skype, al telefono, ma anche quando ci si incrocia a qualche corso di formazione e simili… ) alla domanda delle domande:

“Vorrei iniziare a lavorare nel fundraising: mi dai qualche consiglio?”

che ha anche la variante

“Vorrei iniziare a lavorare nella raccolta fondi: quali sono le prime cose da fare?”

che e poi, se uno non è nuovo del mestiere, diventa:

“Lavoro in questa organizzazione, ma vorrei cambiare: come mi consigli di muovermi?”

e per finire si trasforma in:

“Ho lavorato tanto nel mondo profit: cosa mi consigli di fare per passare al non profit e al fundraising in particolare?”.

Insomma:

“Lavorare nel fundraising? Mi pacerebbe, ma… cosa mi consigli di fare nella mia situazione?”

Una risposta buona per tutti non c’è, anzi: non c’è nemmeno una risposta generale buona per ogni domanda generale! 🙂

E infatti a volte, lo ammetto, rispondere a queste richieste mi costa una certa fatica (perché ognuna richiede ascolto, attenzione e un po’ di elaborazione)… ma credo che chiunque si faccia queste domande merita il tempo dei suoi colleghi più “navigati”.

Da questo spirito nasce questo post, che è un primo assaggio di una serie di contenuti specialistici che pubblicherò un po’ alla volta per affrontare il tema lavoro e fundraising.

– AVVISO IMPORTANTE –

I contenuti che pubblicherò sul tema lavorare nel fundraising saranno riservati agli iscritti alla mailing list speciale “Lavorare nel fundraising per le piccole organizzazioni non profit”.

Perché riservati? Perché per darsi una mano sul serio tra colleghi, è opportuno che ci dedichiamo un’attenzione particolare e allora, se tu mi dirai un po’ di te, io potrò portare a te e agli altri veramente interessati al tema contenuti quanto più curati e puntuali. Il “costo” di tutto questo è: iscriviti alla mailing list dedicata.

Spero che adesso sia chiaro perché questi contenuti sono “esclusivi”! 😉

Letta tutta la nota lì sopra? Se si, riprendiamo! Dunque,

se sei una di quelle persone che si sta chiedendo: “Cosa devo fare per lavorare nel fundraising?” già in questo articolo troverai alcuni consigli molto pratici su:

  • cosa fare PRIMA di trovare lavoro nel fundraising (e quindi: PER trovare lavoro nella raccolta fondi)
  • cosa fare APPENA HAI TROVATO lavoro come fundraiser o consulente di fundraising
  • cosa fare DOPO UN PO’ che sei dentro al mercato del lavoro della raccolta fondi

Ti rivelo da subito un “segreto”:

che tu ti trovi al primo punto della lista qui sopra, al secondo, o all’ultimo, insomma, che tu sia un novizio totale o un mega-esperto di raccolta fondi, le 5 mosse da fare per stare sulla piazza del lavoro nel fundraising sono sempre le stesse!

Altro suggerimento prima di dirti cosa fare:

le “mosse” che ti elencherò vanno fatte NON in sequenza, bensì tutte assieme!

Quindi, i tuoi pezzi sulla scacchiera vanno mossi tutti in contemporanea: solo così avrai una vera forza d’urto, solo così riuscirai a cavalcare l’onda!

Se ne fai alcune, arriverai QUASI dove vuoi… ma se le fai tutte e assieme, arriverai ESATTAMENTE DOVE VUOI!

Allora, bando alle premesse 🙂 e vediamo quali sono le 5 mosse da fare in contemporanea per trovare il tuo spazio nella jungla del lavoro nel fundraising per le piccole organizzazioni non profit:

  • vai a fare formazione (non hai scuse!)
  • aggiornati (non solo sul fundraising)
  • lavora sulla tua autopromozione (che non è quella roba che TROPPI credono che sia!)
  • specializzati (orizzontale + verticale)
  • stai in rete fra colleghi (ecco perché ha senso)

Immagino che qualcuno di questi punti tu la stia già sviluppando senza fatica, che altri ti lascino perplesso, che altri proprio non ci credi o non te la senti, che altri ti sembrino “le solite cose che dicono tutti”…

però abbi pazienza e curiosità, nelle prossime righe troverai una serie di considerazioni che condivido con te perché:

  • sono il frutto della mia esperienza personale, o meglio: parto da quello che ha funzionato per me (così, forse, ti risparmi alcuni sbagli assicurati!)
  • sono le stesse cose che fanno funzionare i percorsi professionali di molti tuoi e miei colleghi!

Insomma, le mosse e le azioni che funzionano sono le stesse per tutti!

E allora, se ti va di approfondire… iniziamo!

Vai a fare formazione (non hai scuse)

Se scrivi “corsi fundraising” su Google, troverai una vasta offerta di corsi di formazione focalizzati su principi, modelli e tecniche della raccolta fondi. Ormai ce ne sono davvero molti (e infatti bisogna anche stare attenti a non finire in qualche “furbata” o proposta di dubbia qualità… in giro c’è di tutto!).

Quindi, non ci sono scuse: nel tuo piano di sviluppo professionale (e quindi anche di investimento economico professionale) OGNI anno DEVE esserci ALMENO un gran corso di formazione!

Tra i buoni motivi per andare a fare formazione sul fundraising:

  • scegli gli argomenti che senti più importanti per te in una certa fase e ti focalizzi su quelli, senza sbavature: tenere il focus è importante!
  • costano poco (si, 120€ di media possono pesare, è vero: ma fanno parte, come dicevo poco fa, degli investimenti professionali da conteggiare sempre e comunque) e mediamente comunque la qualità è buona se non molto buona
  • incontri altri che sono sulla strada del lavoro nel fundraising e con loro puoi fare un po’ di sane relazioni professionali da mantenere finito il corso
  • puoi fare un po’ di chiacchiere coi formatori e relatori per capire un po’ meglio quali sono stati i loro percorsi e provare a chiedere qualche parere sul tuo
  • possono essere l’anticamera a percorsi di studio e formazione più impegnativi (per durata, distanza, costi…)

Quindi… VAI A FARE FORMAZIONE! 🙂

Aggiornati (non solo sul fundraising)

Questo punto a prima vista assomiglia al precedente, ma la sostanza è abbastanza diversa.

Per aggiornarti non ti serve andare a corsi di formazione, ti bastano risorse (di vario tipo) tipicamente gratuite o quasi. Sto parlando di: seminari, incontri locali, articoli su riviste, siti, blog, contenuti nei social…

Infatti, quando dico “aggiornati”, intendo due tipi di aggiornamento professionale:

  • l’aggiornamneto focalizzato sul fundraising: studi ricerche e report di settore, eventualmente del particolare ambito tecnico del fundraising su cui sei più concentrato..
  • l’aggiornamento focalizzato sul settore del non profit in cui sei attivo: cultura, sociale, sanitario, ambiente, ricreazione…

Riguardo al secondo punto: è vero che il fundraising è metodo, e cioè si fa sempre alla stessa maniera indipendentemente dal settore del non profit in cui ti dai da fare.

Però è anche vero che conoscere cosa si muove in un certo ambito ti può favorire non poco come fundraiser. Per qualsiasi settore del non profit ci sono, a vari livelli territoriali:

  • tavoli di dialogo tra amministrazione pubblica e società civile
  • seminari e convegni di approfondimento e divulgazione
  • organi di informazione specialistici (o rubriche all’interno di organi di informazione generalisti)
  • eventi e iniziative di sensibilizzazione da parte pubblica o privata
  • sedi fisiche di riferimento (uffici e servizi, pubblici o privati)
  • opinion leader e divulgatori (sia come formazioni di società civile che come singole persone fisiche)

Se hai cura di entrare in rapporto con almeno una parte di questi “punti di contatto”, sai cosa succede a tuo beneficio? Una serie di cose:

  • resti aggiornato su tutte le novità e i temi caldi del momento
  • anche se non vuoi, assorbi informazioni, spunti e riflessioni. Arricchisci la tua conoscenza di quel settore
  • incontri facilmente “chi conta” in quell’ambito particolare
  • incontri la “domanda potenziale”: è normalissimo che questi “luoghi di aggiornamento” siano frequentati proprio da rappresentanti di enti non profit
  • se hai la costanza di proporti, capiterà più di qualche volta che potrai contribuire alle discussioni in corso stando dalla parte di “chi ne sa” (come relatore, scrivendo un pezzo etc)

Insomma, fare aggiornamento ti serve per qualificarti come un esperto non solo di fundraising, ma di quel settore specifico in cui operi! Dal lato “solo fundraising, questo è importantissimo anche perché ogni settore ha i suoi gerghi, i suoi modi di fare e di dire, i suoi “riti”, etc etc: più diventi capace di comunicare utilizzando tutto questo insieme di codici, sarai più efficace nel marketing e nella raccolta fondi propri del tuo settore!

Lavora sulla tua autopromozione (che non è quella robaccia che…)

Spero tanto che tu non salti questo punto, perchè quello che ti dirò è valido sia se vuoi fare il consulente di fundraising, sia se vuoi lavorare come fundraiser interno. Si: anche se vuoi fare il fundraiser interno, io ti consiglio assolutamente di lavorare sulla tua autopromozione!

Magari tu stai dicendo:

“E che autopromozione faccio io che sto studiando, che ho appena iniziato, se sono in tirocinio, se sono sempre stato ‘solo’ un volontario etc…?”.

Non preoccuparti, la regola è la stessa, non cambia un’acca: racconta cosa stai facendo, rendi facile capire che sei sul pezzo più di chiunque altro e che vale la pena seguirti e tirarti la manica ogni tanto.

Anche se non hai ancora i “tuoi” risultati a parlare per te, sicuramente hai partecipato a iniziative e progetti vari e in questo senso sei già dentro le cose che contano davvero (per esempio: io all’inizio raccontavo anche delle mie esperienza come volontario).

E se ancora non hai iniziato, offri le tue panoramiche, lascia capire che hai le mani in pasta e che puoi proporre punti di vista particolari e magari addirittura inediti, condividi le conoscenze che accumuli man mano… (ad esempio: c’è stato un periodo in cui raccontavo di cosa “scoprivo” studiando all’università)

Ma cosa vuol dire in pratica fare autopromozione? In una frase:

comunicare quanto te la cavi a fare qualcosa di particolare.

Ma, meglio ancora:

comunicare quanto sei capace di risolvere problemi e in che modo ci riesci!

Tutti i fiorellini della comunicazione esterna (“meglio logo rosso o blu?” “come mi faccio il biglietto da visita?” “mi serve un portfolio!”), che serve a presentarti, vengono dopo un’attenta e meditata riflessione sulla domanda:

“Come posso dimostrare con continuità che sono veramente capace e sul pezzo?”

Quello dell’autopromozione è un tema molto vasto ma in realtà anche molto semplice. Viene molto spesso interpretato male, ossia in questo modo: per troppi lavoratori, neo lavoratori e (sigh) “specialisti”, autopromozione = farsi vedere fighi. Per troppi vuol dire spendere tempo e soldi in set fotografici e patine varie assolutamente INUTILI in termini di marketing personale e professionale.

L’autopromozione che funziona è SOLO quella che, in contemporanea:

  • aumenta e migliora la tua reputazione (e non sarà una foto in giacca e cravatta o tailleur a farlo)
  • in qualche misura, ti porta richieste e contatti vari, senza che tu vada a cercarli
  • facilita e accorcia i processi decisionali di chi vuole comprare la tua professionalità, perché tu hai reso chiaro che “vali” e che sei un “buon acquisto” anche senza stare tanto a discutere

Qui ti do 3 consigli molto diretti e pratici(altri li vedremo nei contenuti specialistici riservati) per dimostrare che sei uno che “ne sa” e che “sa fare”:

  • apri il tuo blog: come titolo mettici il tuo nome e cognome (www.riccardofriede.it) )o inventati un brand (www.fundraisingkmzero.it) a ogni modo riempilo di parole chiave quali “fundraising”, “onlus”, “associazioni”, “raccogliere fondi”, “donazioni” etc etc e aggiornalo almeno 2 volte al mese. Cosa ci scrivi? Quello che stai facendo, quello che stai seguendo, i tuoi approfondimenti su notizie di settore, valutazioni e recensioni di prodotti dedicati al non profit e al fundraising, etc etc. In poche parole: attraverso il tuo blog, apri la vetrina permanente dalla quale far vedere che tu ci sei e che vale la pena seguirti. Gestire un blog diventa parte integrante del tuo lavoro, richiede tempo, dedizione, energia, studio… proprio come diventare bravi fundraiser. Ma non immagini quanti e quali benefici gestire il tuo blog possa portare ANCHE alla tua capacità di fare raccolta fondi!
  • fatti vedere nei posti che contano: non sono le sedi istituzionali in cui politicanti e politiconi si fan belli. O meglio, sono anche quelle, ma i posti che contano per te sono quelli in cui si riunisce il tuo target, cioè le organizzazioni non profit del settore o dei settori specifici in cui hai intenzione di specializzarti (vedi paragrafo precedente)
  • stai zitto e lascia che siano gli altri a parlare bene di te e di quanto sei capace: quindi sforzati sempre di trovare referenze e testimonianze dirette che ti avvalorino
    Insomma, troppo spesso

Potrei dirti altre 100 cose che ho imparato, beccandoci o sbagliando, comunque facendo tesoro dell’esperienza…

Come ti dicevo, questo punto è vastissimo e importantissimo. Avremo modo di scandagliarlo in profondità nei prossimi appuntamenti nel blog e nei social.

Specializzati (orizzontale + verticale)

L’80% di piccole organizzazioni del non profit italiano ha bisogno di “manager del fundraising”, cioè di professionisti capace di governare la complessità della raccolta fondi.

Come sai bene, prima di fare raccolta fondi c’è tanto altro che non è raccolta fondi, durante la raccolta c’è dell’altro e dopo c’è altro ancora… e tutto questo “altro” è essenziale e necessario a ottenere dei risultati di raccolta fondi! Questo vuol dire che tu, se vuoi lavorare nelle piccole organizzazioni non profit, devi puntare a essere via via più trasversale possibile, non solo quanto a tattiche e tecniche di raccolta fondi, ma anche su altri aspetti (amministrativi, giuridici, di gestione del personale volontario e retributio etc), perché quando la macchina della raccolta fondi gira, ci sono tanti altri ingranaggi e motori connessi che si mettono in movimento, spesso e volentieri a una marcia diversa da prima!

Essere “orizzontali” è un enorme valore per la tua professionalità come esperto di fundraising per le piccole… ma non dimenticare che la seconda cosa migliore che puoi e devi fare è specializzarti!

Ci sono tecniche particolari (es: mailing cartaceo, organizzazione eventi, …) o ambiti di applicazione (es: gestione volontari, gestione database…) o settori di donatori (es: imprese, individui, grandi donatori, …) per i quali:

  • c’è una crescente richiesta di professionisti da parte di organizzazioni di piccole e medie dimensioni
  • puoi avere una tua naturale propensione o interesse, o semplicemente hai già esperienza maturata
  • i cambiamenti “macro” (es: normative di settore, mutamenti demografici) possono creare condizioni favorevoli (es: il tema dei lasciti è legato all’invecchiamento generalizzato della popolazione, con scarso ricambio generazionale e mancanza di eredi; c’è un proliferare di “x1000” che richiede competenze specifiche su normativa, amministrazione e comunicazione….)

Quindi, mentre resti “orizzontale”, curati di diventare “verticale” e mentre curi la tua “verticalità”, amplia la tua “trasversalità”.

Mi sono spiegato? Spero di si, perché sviluppare la tua professionalità in questo modo ti apre molte strade: nelle piccole avrai sempre spazio, nelle medie troverai qualche opportunità in più, ma potresti anche fare gola alle grandi che cercando solo specialisti in questo o quell’ambito particolare…

Stai in rete fra colleghi (oh, quanto ha senso!)

A cosa servono Gruppi Facebook come “fundraising non importa come lo dici ma come lo fai”? A cosa serve Assif – Associazione Italiana Fundraiser e a cosa servono i Gruppi Territoriali Assif? A cosa serve il Festival del Fundraising? A cosa serve bere un aperitivo con i colleghi della tua città, provincia, regione? A cosa serve una telefonata con chi ne sa più, meno, uguale a te? A stare in rete tra persone con livelli e percorsi professionali diversissimi, ma in ogni caso sulla tua stessa strada… quella del fundraising!

Stare in rete è un “must” perché porta numerosi benefici, anche sul lato più umano e personale del nostro mestiere:

  • ti ricarica di energia, di idee, di stimoli
  • ti aiuta a scaricare stress, rospi mandati giù per forza, delusioni e fatiche
  • ti permette di avere un confronto aperto e non mediato su casi, esperienze, pratiche
  • può aprire a collaborazioni ad hoc o continuative, ad esempio in corsi di formazione o percorsi di consulenza
  • ti offre una panoramica molto più ampia sullo stato della raccolta fondi nel tuo settore, nel tuo territorio, rispetto a certe tecniche e approcci, tra chi ti è vicino per fascia di età etc
  • ti permette di scovare sorprese incredibili sulla qualità professionale di chi c’è a pochi passi da casa tua

Insomma, stare in rete ti apre gli occhi sul fatto che siamo tutti sulla stessa barca (ed è così molto più di quel che pensi) e che, per quanto il viaggio sia burrascoso, riserva panorami e soddisfazioni impagabili e imprevedibili!

Abbiamo finito la carrellata. Ti ho consigliato 5 cose da fare in contemporanea per sviluppare il tuo percorso professionale nel fundraising per le piccole organizzazioni.

Costruire un lavoro è un lavoro di per sè, tanto di più in un settore “affamato” ma “immaturo” come quello del fundraising.

Non sarà facile nè liscia, ma se ci lavori sodo, se sarai costante e sarai paziente, vedrai che raggiungerai i tuoi obiettivi e i tuoi sogni, professionali e personali!

Quindi, stampa questo articolo (te lo consiglio), ripassa, evidenza, prendi i tuoi appunti e …buon lavoro! 🙂

Un caro saluto e avanti tutta!

– Riccardo Friede –

PS: se non l’hai ancora fatto, iscriviti subito alla mailing list riservata a chi veramente vuole capire come lavorare nel fundraising per le piccole organizzazioni non profit !

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4 commenti su ““Lavorare nel fundraising? Mi piacerebbe, ma…” : le 5 mosse che devi fare in contemporanea per eliminare il condizionale e quel “ma”!”

  1. Tutti i cinque aspetti sono da approfondire per me.
    Ma il punto intorno al quale ruotano tutti gli altri secondo il mio modesto parere è quello che tu hai chiamato dell’ autopromozione e che io definirei della costruzione della propria identità di professionista del fundraising. E’ il lavoro personale che ho intrapreso da poco, scoprendo che il fundraising sta già arricchendo la mia esperienza professionale e la mia vita, grazie alla necessità di formazione, di aggiornamento, di specializzazione e di fare rete con persone come me (sicuramente più giovani) e a professionisti competenti e generosi come te. Grazie.

  2. Ciao Riccardo,
    sono entrata da solo un mese in questo mondo così eterogeneo e mi sembra di avere già tantissima carne al fuoco, spunti di riflessione, stimoli per il lavoro futuro, idee, timori. Mi sembra di aver accettato una sfida grandiosa e insieme temibile! Ciò che trovo più complesso, al momento, e degno di approfondimento, è il tema della specializzazione orizzontale e verticale su tutti i livelli che questa professione tocca. Come affermi tu, non si tratta solo di imparare qualche tecnica, ma è necessario immergersi in un clima culturale completo e per certi versi molto complesso (es: nozioni di diritto, amministrazione ed economia).

    Grazie per l’attenzione che poni a chi, come me, comincia ora a camminare!

    Federica

    • Cara Federica… lunga la strada, storta la via 😀 … ma come tanti trovano la propria direzione… si può fare!
      La sfida è GRANDIOSA ed è TEMIBILE, fai rete rete rete e vedrai che anche i primi passi saranno più lievi (per non parlare di quanto è importante che siano più lievi quelli che verranno…). Un caro saluto, avanti tutta!

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