Attenzione: post partecipativo. C’è un caso da risolvere! Allora, la vogliamo dare o no una mano ad Adriano? |
Quante volte hai letto di progetti di cause related marketing, complessi o semplici, da far venire l’acquolina in bocca? Tra te e te avrai pensato: ” Mannaggia, avremmo dei bei progetti! Se solo non fossimo così piccoli… “. In effetti per questa via si può fare del bel fundraising e creare partnership di valore, anche se di solito le imprese intenzionate a fare marketing legato a una causa sono interessate alla notorietà e alle possibilità delle medie e grandi organizzazioni non profit.
Ma allora una piccola organizzazione non profit potrà mai fare raccolta fondi con il cause related marketing? A logica nulla lo impedisce, basta trovare l’occasione giusta! Salvo che poi la nostra piccola organizzazione no profit non venga messa in crisi dalla proposta. Se sei grande, forse già lavori con chi ne capisce o comunque troverai facilmente le indicazioni giuste. Se sei piccolo molto probabilmente ti dovrai arrangiare, ma i rischi possono essere alti!
Pochi giorni fa Adriano mi ha raccontato dell’opportunità che ha bussato alla porta della sua piccola associazione e che, in un modo o nell’altro, si configura come una possibile operazione di cause related marketing.
Stamattina in ufficio mi si presenta un tipo, amico di amici, e mi dice di voler diventare nostro sostenitore. Fin qui tutto bene! Poi spiega che lui da anni fa la raccolta di mobili e oggetti usati per poi rivenderli. Mi ha chiesto se la nostra associazione poteva rilasciargli un’autorizzazione a fare la raccolta porta a porta presentandosi col nostro marchio, garantendoci in cambio una donazione mensile ricavata dai proventi della vendita, oltre alla promozione su e giù per tutta la regione, dove c’è il suo giro di affari e proprio dove arriviamo con il nostro operato. Sono nel pallone, non so cosa rispondergli! Trovare altre fonti di entrata sarebbe ottimo per noi, ma il problema che mi sto creando è questo: ci conviene stringere un accordo con questa persona? Come posso essere sicuro che dichiari la famosa frase “parte del ricavato sosterrà i progetti dell’associazione…”? Come posso tutelare la nostra immagine? Cosa gli devo far firmare? Come posso impostare l’accordo? In pratica, tu come ti comporteresti? |
Io ad Adriano il mio parere l’ho già dato. Ma adesso siamo curiosi di sapere: tu come ti comporteresti in questa situazione?
Ovviamente l’invito è rivolto anche a tutti coloro che nei prossimi giorni se la staranno spassando al Festival del Fundraising! 😉
Apriamo il confronto (e il consiglio!) a suon di commenti!
Caro Adriano,
raccolgo la richiesta di Riccardo e provo a darti e dirti. Partirei da un assunto fondamentale: chiunque partecipi nei diversi modi e umori al raggiungimento del nostro scopo associativo o statutario è e sarà, quasi sempre, il benvenuto. Quel quasi sempre è la premessa del secondo assunto: siamo in tempi grami, scarni di spirito e di valore e pieni di questa vuotezza a perdere e quasi mai a vincere. Sicchè anteporrei a tutto, prima della comunanza di beni, quella degli spiriti e metterei la tua buona causa quale dirimente di ogni partecipazione. Quindi, prima di lanciarsi in CRM, proverei a testare e tastare l’onestà intellettuale di chi ci sostiene perchè sputtanarsi è un attimo e quando hai perso la tua accountability hai perso tutto. Detto questo, proverei con un CRM condominiale e di quartiere, semplice semplice. Proporrei ad esempio di sfruculiare la pazienza e l’anima di commercianti, esercizi ed esercenti facendo proseliti (ancorchè di facciata, ricorda il secondo assunto) con l’obiettivo di farti adottare da qualche merce o da qualche servizio che, una volta acquistata o acquisito, produce un piccolo dividendo per la tua associazione: tu sponsorizzi loro con la tua lista e loro sponsorizzano te con la loro attività. Inizia con cose al limite del naif, quasi provocatorie (ci sono dieci matite uguali: 5 costano 5, le altre costano 8, perchè hanno un’anima: la differenza la prendi tu) Spenditi in storie, in disegni, in immagini, tutto molto artigianale ma per questo lontano dal sentimento del tempo, dal veleno che ci assedia. Hai vita da regalare: non è mai poco.
Grazie mille Francesco per gli spunti interessanti: prima di tutto, la buona causa al centro! Vediamo quali sono le reazioni del nostro possibile partner a questa presa di posizione… E buono il suggerimento di provare a realizzare piccoli progetti, per capire quali sono le potenzialità, le criticità e i ritorni su operazioni di CRM fatte in piccolo! E ora continuiamo… le domande di Adriano sono ancora tante!
Caro Adriano,
premesso che quello che so della tua associazione è solo che è molto piccola, e sono convinta che certe scelte andrebbero ponderate tenendo conto di molti più fattori, sia interni che esterni, così a pelle la proposta dell’amico del tuo amico a mio avviso rischia di essere un po’ furbetta, anche se fatta con le migliori intenzioni.
Questo perché ci sono già diverse associazioni che si finanziano con la raccolta porta a porta di indumenti e abiti usati, ma in quel caso a quanto ne so è l’intero ricavato della vendita e non una percentuale che viene destinato alla causa. E quindi il rischio che si ingenerino confusioni nei destinatari della proposta è molto alto. E un’associazione non profit ha il dovere di essere trasparente ed etica nella comunicazione!
Con questa premessa, e valutati tutti i fattori interni ed esterni ora ignoti, se proprio dovessi decidere di accettare la proposta, il mio consiglio è di:
– mettere tutto per iscritto, non solo in una lettera di autorizzazione che il venditore deve poter esibire su richiesta, ma anche in una lettera di intenti che regola il vostro rapporto (facendoti prima consigliare da un buon commercialista esperto di non profit, perché l’operazione si configura come attività commerciale marginale, e quindi a seconda della natura della tua organizzazione, posso esserci dei paletti più o meno rigidi da rispettare ed è bene saperlo!)
– concordare insieme il materiale di comunicazione che dovrà essere distribuito
– assicurarsi che la persona, prima di parlare per conto della vostra associazione, ne abbia introiettato missione, visione e valori
Fammi sapere cosa decidi, e… in bocca al lupo!
Colgo dal post di Enrica un altro aspetto importante: la progettazione e distribuzione del materiale di comunicazione! Ce lo stavamo dimenticando, quindi grazie ad Enrica che ci riporta sul tema. In operazioni di questo come sempre la semplicità premia, ma per esperienza bisogna davvero fare attenzione a misurare termini (“ricavato” diverso da “vendita”!) e “presenza”: peso di loghi e messaggi devono portarci sul terreno della fiducia e garanzia morale/materiale che solo l’associazione di Adriano può stimolare e garantire, al di là degli intenti (giustamente, se vogliamo) commerciali del partner. Adriano, che ne pensate di questo aspetto? Grazie Enrica!
Come presidente di una associazione di volontariato ha avuto un’offerta simile, che dopo una buona indagine esplorativa rispetto al proponente ho declinato.
Credo che la questione centrale sia la trasparenza dei processi e la chiarezza degli accordi. Sono d’accordo con francesco, la reputazione si brucia in un baleno.
Un primo elemento che prenderei in considerazione è quanto l’attività di raccolta di mobili e oggetti sia in linea con lo spirito e con le azioni dell’associazione. Da questo punto di vista non assocerei il mio marchio ad una attività che non ha alcun punto in comune.
La seconda questione riguarda che utilizzo viene fatto del marchio nel processo di vendita. Se è la base del processo di vendita, declinerei la proposta, se si configura come un’azione di responsabilità sociale di impresa (per cui il legame con l’associazione viene inserito nei materiali promozionali e nei documenti ufficiali dell’impresa, ma non rappresenta il criterio principale attraverso il quale si raggiunge il cliente), allora si può ragionare.
In altre parole eviterei assolutamente che l’azione promozionale avvenisse secondo il modello “buon giorno, sono pinco pallino e raccolgo materiali per conto dell’associazione tal dei tali”.
Verificata questa condizione, andrei verso un accordo scritto in cui l’impresa si impegna a versare una quota parte del proprio fatturato/utile all’associazione, dando pubblica visibilità al suo bilancio.
E via col commento di Riccardo, che sottolinea bene la differenza che può esserci tra la golosità di processo di vendita “puro” e l’espressione della responsabilità sociale di impresa, che magari passa proprio attraverso operazioni di questo tipo. Ottimo mi pare anche lo spunto conclusivo, con la pubblicazione del bilancio, magari forse troppo impegnativa per imprese non use a questo tipo di comunicazione, ma che magari in forme più semplici (anche solo un comunicato stampa ad hoc, tanto per dirne una!) potrebbe svolgere la funzione. L’importante è che l’impresa si esponga! Grazie Riccardo!
Grazie Francesco, quello che hai appena illustrato é interessantissimo e sarà mia premura proporlo in associazione e cercare di dargli un’anima.
Ma come sottolinea Riccardo le domande sono tante. Poniamo il caso che questa bussata di porta arrivasse al vostro ufficio come vi comportereste ?
Adriano, come vedi le risposte arrivano, vedrai che aumenteranno pure! Quando puoi aggiornaci sulla discussione nella vostra associazione e col possibile partner! Un saluto intanto!
Grazie Riccardo e grazie ragazzi, dico subito che ci siamo presi un mese per pensarci. In questo mese devo mettere i puntini sulle “I”, preparare un progetto dettagliato con tutti i pro e i contro, gli “ANZIANI” hanno detto: “Bene lo vuoi fare? Convincici.” Quindi sta a me,adesso anche a voi (hihiih) valutare la scelta giusta!
Ciao Riccardo e caro Adriano, sarò molto sincera: No. Tassativo. O si tratta di un brand cristallino o lascerei perdere. Non per sfiducia ma è meglio stare all’erta. Poi: perché mai dovrebbe presentarsi con il Vs. marchio? Mah… In ultimo, quest’attività, così presentata, non è proprio di CRM. Attenzione. Ne abbiamo sentite troppe!
Thumbs up per Sua Schiettezza Elena Zanella! 🙂 Scherzi a parte, grazie del consiglio diretto e deciso. Tecnicamente, concordo che poi non é proprio CRM, almeno per come proposta, perché il proponente vuole trarre un vantaggio d’immagine e guadagno senza specificare i benefici (pur presunti) per l’associazione di Adriano… era questo che pensavi Elena? Grazie mille davvero!
Buonasera Riccardo,
rispondo no. Perchè nell’idea proposta dal tuo “amico di amici” si intravede la necessità – per lui – di supportare le vendite di mobili attraverso la raccolta fondi per la tua ONP (dovrebbe essere il contrario, no?)
Aggiungo che non contano a mio avviso le dimensioni della ONP quanto piuttosto la trasparenza e la semplicità della meccanica di raccolta dei fondi. E credo che questa si presenti di per se già abbastanza complessa (liberatorie, lettere per il donatore, etc.).
Ultimo spunto. Mi metto nei panni del donatore. La campagna di raccolta fondi può realmente influenzare la scelta di comprare un mobile?
Grazie per l’ospitalità. E complimenti per il tuo blog!
Un saluto,
Alessandro
Ciao Alessandro, bella la maniera in cui chiarifichi la questione: “necessità di supportare le vendite di mobili attraverso la raccolta fondi per la tua ONP – dovrebbe essere il contrario, no?”. Mi pare un buon punto di partenza per una riflessione del direttivo dell’associazione di Adriano. Sulla questione “influenza della buona causa sulla decisione di acquisto”: la base di partenza mi pare un’altra questione qui non calcolata, cioè la pianificazione a monte di una campagna di comunicazione che prepari il terreno.
Grazie a te di aver dedicato tempo e attenzione alla discussione! E scusa per il ritardo di questa risposta.
Un salutone!
Grazie Elena per la tua schiettezza, e sarò schietto pure io.
Il tipo é stato diretto: vuole sensibilizzare la sua raccolta sfruttando il nostro nome e operato per allargare il suo giro d’affari. Infatti la mia domanda era: esiste un modo x la mia associazione per uscirne puliti???
Mi sa che la cosa non e fattibile pero continuo a chiedere opinioni…
Qui Adriano ti rimando decisamente al commento di Massimo http://www.riccardoriede.it/cause-related-marketing-e-una-piccola-organizzazione-no-profit/#comment-1204 !
Aggiungo, senza ripetere quelli degli altri, un suggerimento che mi sembra essenziale. Ma che volume di affari puà sollevare questa azienda? QUesto mi permette di avere un paramentro economico per decidere se fare o meno l’operazione guardando anche al suo risultato. E’ questo un parametro da usare, chiaramente, insieme agli altri parametri (etici, organizzativi, comunicativi. Se una azienda (grande o piccola che sia) ti chiede di fare CRM evidentemente il tuo marchio e la tua identità gli serve per commercializzare meglio. Ammesso che il link con la tua causa sia forte e chiaro e che l’azienda sia degna di fiducia (la tua e quella dei suoi clienti) è chiaro che lui commercializzerà meglio a patto che il valore del tuo marchio venga giustamente “retribuito” con un sostegno ai tuoi progetti adeguato. Lo spunto che ti dò è questo: 1 condividere un progetto con l’azienda e quindi 2 condividere con lui lo sforzo di raggiungere un determinato obiettivo economico. uUesto vuol dire che lui si deve dare da fare come te per raggiungere il finanziamento sperato. 3 Se lui non si mostra propenso ad assumersi una responsabilità e magari ti dice solo “…vediamo quante vendite riusciamo a fare”, allora non è un partner affidabile ma solo uno in cerca di uno stratagemma per vendere meglio. Nessun valore aggiunto per te e anzi tanti rischi di mettere il tuo nome accanto ad una epserienza non proprio entusiasmante, con ricadute pessime presso il tuo popolo.
Inoltre vorrei aggiungere che non sempre le aziende cercano grandi marchi. Cercano anche progetti significativi che loro possono valorizzare con la comunicazione connessa alla promozione del prodotto. Una delle migliori operazioni di CRM è stata fatta in passato tra il gurppo Binda (Marchio Breil) e la fondazione Pangea Onlus che allora non era poi così tanto famosa. Quindi non mi precluderei questa strada a priori….
Auguri, comunque.
Grazie Massimo! In effetti per quanto allettante possa essere la proposta, dove le mettiamo la dignità e le “pari opportunità” della nostra onp, nonchè la parità di impegno? Altrimenti diventa quasi un servizio reso (a fronte di non si sa che sforzo e che ritorno) nei confronti di un’impresa che indora la pillola e poi al limite chiude con un “è andata così! Che ci vuoi fare”. Grazie ancora per lo stimolo finale (quelle che io chiamo “prove di realtà” o “prove spaccamiti”!) su Pangea e Binda: cos’ha permesso all’operazione di funzionare? Buone relazioni, un buon piano, l’elemento territoriale, la facilità di accordare i messaggi dell’impresa e dell’onp…? Sempre preziosi i tuoi interventi, Massimo! Un salutone e scusa del ritardo di questa risposta!