Ormai “crowdfunding” è come il parmigiano sui primi della nonna: c’è sempre e dappertutto!
A inizio anno ho avviato una consulenza con un centro culturale molto figo in zona Vicenza.
Una roba epica per i miei gusti, ma decisamente di nicchia (musica indipendente, ricerca musicale, sperimentazione sonora: tipo i monaci tibetani che ti sparano 2 ore di canto gutturale dentro una chiesa sconsacrata sul cucuzzolo del Monte Venda).
Abbiamo ancora in piedi questa campagna di crowdfunding che ha raggiunto il traguardo di 5000€ in 20 giorni (anziché 40 come dissero gli “exxxxxperts”) ed è stata premiata con altri 5000€. Ora sta arrivando ancora qualcosa, chiuderemo a 11k direi (AGGIORNAMENTO: abbiamo chiuso a 11934€. Vedi qui se vuoi approfondire).
Era da tempo che non facevo una raccolta così piccola, in effetti mediamente mi imbarco in cose ben più grosse…
ma questa per me è stata l’occasione di fare un grande ripasso nonché un bel bagno di umiltà.
Dunque, qui di seguito ecco che cosa ho scoperto, riscoperto e ripassato sulle campagne di crowdfunding.
- 1. CROWDFUNDING E’ UNA PAROLA USATA AD CAZZUM
E basta! O hai un 80-90% di ESTRANEI totali che sostengono la campagna, oppure non stiamo parlando di crowdfunding. Se a donare sono le persone che conosci tu o che già fanno riferimento alla tua organizzazione, stai semplicemente facendo una campagna di fundraising come tutte le altre.
- 2. SENZA LA MEDIATIZZAZIONE SPINTA DELLA NOTIZIA SULLA CAMPAGNA, NON C’E’ CROWDFUNDING
E da dove dovrebbe venire questo 80-90% di donatori estranei e nuovi? Dal cilindro no, ma dalla sollecitazione pubblica derivante dalla mediatizzazione della notizia su quel che stai facendo. E chi ti “mediatizza”? I giornali, le tv, le radio… i media! O è una roba notevolissima, un caso, qualcosa che riesca a generare intrattenimento per più di 1 giorno, oppure non ti prende nessuno. Le notizie vanno sempre “imboccate” ai media, ma perché le facciano proprie ovviamente devono essere, beh… notiziabili!
- 3A. SENZA UN UFFICIO STAMPA/QUALCUNO CHE CAPISCA DI UFFICIO STAMPA, NON C’E’ MEDIATIZZAZIONE >> NON C’E’ CROWDFUNDING
Proprio perché le notizie vanno “imboccate” ai media… devi avere chi sappia farlo. Se speri ancora che il tuo post su feisbuc diventi virale in virtù di un tam tam spontaneo e appassionato che porta la notizia sulla tua campagna ad essere mediatizzata… vabè, sai già che stai sognando a occhi aperti! Quindi, tra aspettare il miracolo e trovare chi sappia gestire le pr coi media, meglio la seconda.
- 3B. IN ALTERNATIVA O INTEGRAZIONE ALL’UFFICIO STAMPA, SENZA INVESTIMENTI PUBBLICITARI (ANCHE ONLINE), NON C’E’ “REACH” >> NON C’E’ CROWDFUNDING
E’ sempre la solita solfa: se la roba te la leggi e guardi tu e i tuoi amici… stiamo parlando di campagna di raccolta fondi “classica”, non di crowdfunding.
- 4. LA MAGGIOR PARTE DELLA CAMPAGNE NON E’ MEDIATIZZABILE >> LA MAGGIOR PARTE DELLE CAMPAGNE DI CROWDFUNDING E’ UNA CAMPAGNA DI RACCOLTA FONDI “NORMALE”
Davvero: raccogliere fondi dal basso per ridipingere la scuola è GIUSTO, ma non è notiziabile oltre 1/4 di pagina non ripetuta nella cronaca locale. L’attività ordinaria o straordinaria della tua in organizzazione in media nazionale non è notiziabile. E quindi vale quel che dice il titolo lì sopra.
- 5. FARE UNA CAMPAGNA DI RACCOLTA FONDI “NORMALE” NON DOVREBBE ESSERE UNA VERGOGNA…
visto che ne facciamo a ripetizione tutti gli anni e da ben prima che spuntasse la parola “crowdfunding”! Vabbè, questo punto è solo uno scazzo. A ogni modo…
- 6. TRA UNA CAMPAGNA DI CROWDFUNDING E UNA CAMPAGNA DI RACCOLTA FONDI “NORMALE” NON ESISTE ALCUNA DIFFERENZA DI PROCESSO
I passaggi sono sempre gli stessi. Che tu voglia far passare un’idea, vendere qualcosa, raccogliere una donazione da una persona conosciuta o da un estraneo… il processo che porta dal punto A al punto B è sempre il medesimo:
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qual è l’obiettivo economico / il risultato che voglio ottenere?
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a chi mi rivolgo che possa capire quanto c’è di buono?
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che promessa e che invito posso fare? come porto fuori la bellezza e la forza dei miei valori e dei miei principi? qual è quel grosso nemico comune che voglio abbattere?
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dove lo comunico?
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come lo comunico?
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quali azioni sollecitano al sostegno? quali azioni “vendono”?
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quanto mi costa tutto questo?
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come lo pianifico su tempo, spazio e risorse coinvolte?
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capisco se è ora di partire o se devo tornare al punto 4
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scaldo il clima nella comunità di riferimento, così si parte veloci e pimpanti (e questo trascinerà gli altri esteri nel mood di sostenere nel breve periodo)
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parto
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agisco
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ringrazio e do feedback man mano
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vado avanti e aggiusto il tiro
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ripeto da 10 a 14 finché serve
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chiudo
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festeggio e celebro
- 7. UNA CAMPAGNA DI CROWDFUNDING E UNA CAMPAGNA DI RACCOLTA FONDI “NORMALE” SEGUONO LE STESSE REGOLE DI COMUNICAZIONE
Quelle della buona comunicazione per il fundraising!
- 8. HAI UN DATABASE DI SOSTENITORI, AMICI, CONOSCENTI? USALO CHE FAI MOLTO PRIMA!
Ipse dixit. Va bene anche la rubrica del cellulare per iniziare.
- 9. LE RICOMPENSE CONTANO E FUNZIONANO? SI, MA NON PERCHE’ QUESTO SIA UNA PROPRIETA’ INTRINSECA DEL CROWDFUNDING
Quante volte hai fatto raccolta fondi vendendo degli oggetti? Infinite. In pratica la lisa delle ricompense è solo una sorta di catalogo di quel che hai sul banchetto dei prodotti solidali. E proprio perché c’è qualcosa da comprare, le persone fanno ben prima a compiere questo tipo di transazione che a donare e basta.
- 10. AVERE UN CONTATORE CHE SEGNA IN PUBBLICO TEMPO E AVANZAMENTO E’ OTTIMO
Un po’ di tirella e cacarella fanno bene! Nelle campagne di raccolta fondi “normali” non li usiamo quasi mai. Nel “crowdfunding” è un po’ la regola minima. Quei due indicatori di tempo residuo e raggiungimento del traguardo mettono un buono stress positivo nel gruppo di lavoro e nella comunità di riferimento e possono essere usati come argomenti centrali della comunicazione (niente di troppo creativo, ma funziona: “restano solo zy giorni”, “siamo già a xyz€, questo significa che tra poco sarà possibile”).
Basta.
Quindi in sostanza:
il crowdfunding nel “sociale” in Italia (ma anche culturale, ambientale, sanitario, etc) non esiste nel 99,99% dei casi, a meno che tu non riesca a mediatizzare la notizia per alcune settimane e portarla a fare un bombardamento dei principali media rilevanti per la macrocomunità che può sentire propria la causa che stai proponendo.
Nel 99,99% dei casi stai svolgendo una campagna di raccolta fondi normale appoggiandoti a una piattaforma che fornisce strumenti di comunicazione e transazione che si è classificata per motivi di marketing come “piattaforma di crowdfunding”.
Pensaci bene. E’ una parola usata veramente ad cazzum.
E ora chiudiamo con la
- 11. ANCHE NEL CROWDFUNDING VALE LA PIRAMIDE ROVESCIATA DEL FUNDRAISING
Meglio che parti con 5-6-7 che ti dicono PRIMA di partire “Si, ci sarò” con qualche cifretta più consistente della media. Altrimenti diventa un’agonia!
That’s all. Ah no!
- 12. SE RACCOGLI 5000-6000-7000€ E HAI RICEVUTO DONAZIONI SOLO DA CHI GIA’ DONAVA E DAGLI AMICI… PER CHI E’ SOSTENIBILE E OPPORTUNO FARE IL NON-CROWDFUNDING?
Lista della spesa veloce:
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costo lordo del tuo lavoro tra ideazione, preparativi, gestione di una campagna che durerà 30 giorni circa: 1.800€ (che nessuno però calcola)
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costo di un’altra persona impegnata per l’equivalente: 1.800€ (che nessuno però calcola)
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costo produzione ricompense: boh, facciamo 500€
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costo confezionamento e spedizione ricompense: boh, facciamo 200€
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costo impostazione e produzione della comunicazione visual a livelli accettabili: 700€ (oppure stanno dentro il tuo tempo lavorato)
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fee della piattaforma: facciamo 300€
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altri: facciamo 200€ e morta lì
TOTALE = 5.500€
Morale della favola: per un piccolo ufficio con gente che ci lavora sopra, è un tipo di campagna che non ha senso economico. Ha senso se le è attribuita una funziona specifica guardandola nell’insieme di tutte le attività e campagne dell’anno, ma da sola non è sostenibile. Soprattutto se stai usando sempre il tuo giro di contatti e donatori!
E QUINDI, QUANDO HA SENSO FARLE ‘STE CAMPAGNE DI CROWD-NON-CROWD?
Quando la fai quasi totalmente con la forza del volontariato e delle donazioni in servizi (es: grafica) e/o non conti (realmente, son scelte) il tempo di lavoro. Insomma perché abbia un senso almeno economico devi ridurre i costi effettivi a quelli delle ricompense, delle spedizioni e …basta!
E quindi, per dare una morale a tutto questo:
w il non-crowdfunding come strumento nelle mani delle persone comuni per fare la propria parte come cittadini attivi!
Avanti Tutta!
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E ora, ancora tre postille…
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P1: i soldi son soldi, se li trovi offline prendili. Organizza anzi collette etc offline che in assenza di grandi e medi donatori raccogli gli importi equivalenti che altrimenti mancherebbero all’appello per chiudere prima e presto.
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P2: se davvero non sai come partire, sforzati di tirare fuori 100 nomi da un piccolo gruppo di lavoro. Suddivideteli in base a “chi è legato a chi” e ognuno dovrà prendersi l’impegno di tartassare seguendo gli aggiornamenti di campagna. 100 qualificati e curati (per davvero, non per finta) sono un numero sufficiente per arrivare al traguardo finché ragioni sui 5-6-7.000€, nel senso che sono loro che ti aiuteranno a partire bene e a rilanciare la campagna se si ferma, oltre che a chiuderla nel momento giusto.
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P3: alla pulizia della comunicazione preferisci la spontaneità e un po’ di sana “mordacia”. Il piano di comunicazione di una campagna di crowdfunding deve seguire il momento, pescare dal movimento attorno, disegnare una fantasia e riportarla in un messaggio… se già nella raccolta fondi classica vera e propria l’istituzionale e “premeditato” puzza di marcio, nel non-crowdfunding puzza ancora peggio!