Come organizzare una mostra fotografica o di quadri per la raccolta fondi?

Come organizzare una mostra fotografica o di quadri per la raccolta fondi?

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DOMANDA

Chiedo: come è possibile fare raccolta fondi con una mostra (fotografica o quadri)?

Abbiamo già provato con la nostra associazione, ma non abbiamo ricavato un granché… escluso se l’autore vende alcune opere e ci dà una percentuale.

Abbiamo fatto una mostra bellissima, “Rolling Vietnam” in cui un ragazzo disabile in carrozzina ha mostrato il suo viaggio attraverso le sue foto.

Abbiamo messo la cassettina, fatto volantini con frasi accattivanti… ma alla sera in cassa c’erano spiccioli (€ 34). Che strategie ci consigli per avere un ritorno dalla mostra? Grazie!

– Maria Litani | A.I.S.A. Associazione Italiana per la lotta alle Sindromi Atassiche –


RISPOSTA

Cara Maria, “vendere l’arte” non è facile neanche per gli artisti che la creano.

Vendere l’arte per una buona causa può essere facile o difficile… sicuramente tanto per gli artisti che per le buone cause vale che vendere qualsiasi cosa richiede:

  • un pubblico sensibile all’offerta che facciamo
  • una proposta economica definita che aiuti ad attribuire un valore NON economico a quel che si potrebbe comprare (sembra un controsenso, invece è una cosa ovvia, dopo vediamo…)
  • un piano di promozione che crei curiosità > desiderio > acquisto
  • un meccanismo di vendita che giochi su elementi come unicità, scarsità, tempo limitato, emulazione, esclusività

Vediamo un po’ alla volta questi punti e come il tutto si rapporta alla vostra esperienza.

Partiamo dal pubblico: il pubblico dev’essere sempre “sensibile”, che non vuol dire “tenerone” 🙂 , bensì qualificato.

Il pubblico qualificato è il pubblico in target, e cioè già interessato al tipo di proposta che hai da fare. Non è un pubblico da convincere (cosa per altro abbastanza impossibile), ma un pubblico già pronto, interessato, preparato alla vostra proposta.

Questo è un primo punto da esaminare meglio, perché molte piccole organizzazioni vanno a buca con iniziative come la vostra proprio perché:

  • si rivolgono a soci, amici, simpatizzanti tra i quali forse ma forse c’è qualcuno di appassionato d’arte
  • pretendono che la gente compri “perché è solidale” e non perché è di qualità e nel campo dell’arte e dell’arte contemporanea in particolare, non ce lo nascondiamo, la qualità sta nella notorietà dell’autore o nell’eccezionalità dell’opera

Voi avete un autore noto? Non lo so, non sono dell’ambiente. Ma avete un’opera eccezionale? Questo sicuramente si, o almeno, sembra proprio di si! Quindi questo requisito è soddisfatto.

Ma poi, quest’opera che ha dell’eccezionale, a chi la proponete? Qui, senza sapere molto dei vostri tentativi, temo che, come accade di solito, non vi stiate rivolgendo a un pubblico in target, qualificato o sensibile che dir si voglia. E’ quel che avviene normalmente quando:

  • per gli allestimenti si prende una sede anche bella ma che non ha storia o identità di “luogo d’arte”
  • si organizza tutto da soli, senza averne i titoli e l’autorevolezza. La vostra organizzazione si occupa di una causa sociale, non di promozione artistica!
  • si passa tanto tempo a fare pubblicità generalista e non mirata, anziché focalizzare l’attenzione sul costruire partnership, liste di invitati e lanci promozionali “giusti” (tutti e 3)

Quindi, se questi 3 sopra sono i tipici “errori”, cosa bisogna fare? Ovviamente, il contrario di quello che ho scritto!

Andiamo alla proposta economica.

Ecco… “l’arte non ha prezzo”, ma la cassetta delle offerte non ha senso! Oppure: se la volete utilizzare, dovete sempre e comunque indicare un’offerta minima indicata per il sostegno a un progetto, programma o servizio, o anche genericamente “alla mission” (ditelo come volete), però una cassetta delle offerta troppe spesso diventa una cassetta da 32€ (dopo tutta questa fatica!) proprio perché non si annuncia prima e durante l’iniziativa che l’ingresso è libero con la gradita “offerta minima consigliata di 5-10€ a sostegno di…”. E’ un avviso sufficiente a funzionare da promemoria anche per i più sbadati e stimola parecchie persone ad arrivare con una somma tipicamente più alta di quella indicata, con una bustina, ma per quel che ho visto io magari anche con un assegno… queste persone comprano l’opera d’arte? Anche no! Però dare indicazioni di “partecipazione economica” è SEMPRE buono, anche quando le iniziative di per sé sono ad ingresso o partecipazione gratuita.

Le singole opere hanno un prezzo? Evidentemente si, quello che fa l’artista alle condizioni e nelle modalità che avete già testato, con quel tipico 50% che finisce all’organizzazione promotrice.

Il piano di promozione: crea curiosità > desiderio > acquisto?

Dipende da come lo veicolate e formulate, ovviamente, ma insistendo sul focalizzarvi su un pubblico in target (che, dicevamo, potete trovare solo facendo parternariati con realtà autorevoli, costruendo liste profilate e facendo pubblicità nei “luoghi” giusti – testate, siti, profili social etc) sicuramente avete la chance di attivare la loro naturale curiosità (questo avviene diciamo a -60 giorni dall’evento/iniziativa. Quindi a 30 giorni potete suscitare il desiderio enfatizzando i tratti di specialità delle opere e dell’artista, creando un po’ di sana mitologia attorno al tutto (e ad esempio la mostra che mi hai citato ha molto di “mitologico”, che poi vuol dire eroico, romantico, poetico).

E l’acquisto quando avviene? Ovviamente durante l’iniziativa, a patto che, come vediamo tra pochissimo, siamo bravi a innescare i giusti meccanismi.

La vendita è un meccanismo. Cioè: un’azione i cui ingranaggi girano meglio se mettiamo le rotelle giuste e le oliamo nel modo corretto. Facciamo esempi concreti (ovviamente questo varrà diversamente da artista ad artista e da produzione a produzione):

  • unicità: le opere sono uniche, cioè che a differenza di altre collezioni, che possono essere ampliate con la produzione di nuovi “pezzi” della serie, vendute queste rimarranno solo gli originali in possesso dell’autore
  • tempo limitato (questo può funzionare particolarmente bene nel caso di esposizione collettive): cari appassionati, c’è un prezzo speciale e identico su una serie di pezzi, ogni artista ha selezionato i suoi – facciamo finta: 200€ – Questo prezzo speciale però è valido solo dalle 9:30 alle 12:30 di sabato e dalle 16:30 alle 19:30 di domenica, il criterio di assegnazione è “chi prima arriva, meglio alloggia, fino ad esaurimento dei pezzi selezionati.
  • Scarsità (simile ma non identico a “unicità”): l’artista ha deciso di produrre e vendere solo 10 riproduzioni delle opere ogni anno, per non inflazionare il mercato e arrivare solamente ai veri appassionati. Terminati i pezzi, bisognerà aspettare che l’anno prossimo l’artista comunichi la nuova ri-produzione.
  • Emulazione: è assolutamente normale e umano che le persone comprino per emulazione, a dire che se si sa che uno del mio “ambiente” (di appassionati d’arte) ha comprato l’opera di tale artista, nel giro il desiderio e la corsa a accaparrarsene sale (così come la quotazione)
  • Esclusività: organizzare pre-eventi a numero chiuso per incontrare l’artista privatamente e poter accedere alla collezione delle opere in anticipo rispetto a tutti, e a condizioni economiche particolari oppure con dei “premium” (dalla cena con l’artista alla consegna di un catalogo particolare, alla presenza di un critico apprezzato).

Tutti questi meccanismi (se ne possono usare uno o più assieme) aumentano la probabilità che le persone comprino, e pure con un certo senso di urgenza.

E’ un casino fare tutto questo? Si, soprattutto se siete fuori dagli ambienti e dai giri “giusti”.

Ma se non si lavora anche e in particolare sulla collaborazione con gli artisti e la vendita delle opere, per quante persone già informate lascino un’offerta in cassettina, l’evento sarà sempre magro. Diventerà un evento di visibilità e promozione, ma molto difficilmente di raccolta fondi!

A voi la scelta su cosa fare… in ogni caso: buon lavoro e avanti tutta!

– Riccardo Friede –


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