Farsi raccontare i dettagli di cose che non conosci e non capisci per comunicare all’esterno

Farsi raccontare i dettagli di cose che non conosci e non capisci per comunicare all’esterno

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Un buon fundraiser traduce in modo semplice e “potabile” anche le cose più difficili.

La comunicazione esterna per il fundraising ha 3 fasi+1 e 3 funzioni+1 e 3 stili+1:

  • fase 1 = acchiappo : ti faccio vedere l’inferno che puoi combattere o il paradiso a cui puoi arrivare o far arrivare (pancia 99, testa 1)
  • fase 2 = converto : ti dico cosa puoi fare per uscire dallo stallo e andare a prendere la lancia o la scala per il paradiso (pancia 80, testa 20)
  • fase 3 = ti tengo vicino : ti racconto meglio di prima, più di prima, con dettagli esclusivi l’avventura in cui sei finito (pancia 70, testa 30)
  • fase 4 (la “+1”) = ti recupero : se ti allontani, ti vengo a prendere, colpevolizzandoti in maniere più o meno delicate (pancia 90, testa 10)

Il gioco “pancia, testa” pende sempre in favore della pancia, ma ciò non toglie che anche per scrivere (e per me, essenzialmente, si tratta di scrivere; certo lavoro con le immagini, ma se trovare e scegliere un’immagine buona mi chiede 10 di tempo, scrivere mi chiede 100) devi prima sciorinarti una valanga di informazioni dettagliate su valori e storia dell’organizzazione, sul problema che affronta, sulla buona causa, su progetti e servizi, modalità, economie, operatività spiccia, aneddoti, persone, beneficiari, dettagli a volte meno che comunicabili all’esterno tanto sono tecnici e “strani”…

Ma la funzione del fundraiser è filtrare tutto questo e riportarlo ad essere comprensibile.

A me piace moltissimo questa parte di “raccolta a strascico” delle informazioni, perché ogni volta hai di fronte uno spaccato di mondo nuovo, particolare, inaspettato e la cosa divertente è acchiappare un dettaglio e capire fin dove ti può portare in questa esplorazione.

In alcuni casi, io non so veramente nulla di quello che mi raccontano. E francamente a volte non ci capisco nemmeno molto, anche se me lo faccio rispiegare.

Ma è bello perché scopri cose davvero particolari, divertenti, assurde, indicibili, scandalose, rivelatorie.

Resta che, purtroppo, alla fine devi tradurre tutto questo in una versione che pende al minimo per il 70% in direzione pancia e al 30% in direzione testa.

A me a volte dispiace, perché mi piacerebbe enormemente “spiegare” le cose che ho scoperto e che mi hanno incuriosito e intrattenuto, però c’è un atto di rinuncia che va fatta, senza se e senza ma, altrimenti buonanotte alla raccolta fondi!

Così stamattina ho sentito parlare per 3 ore di neuroplasticità (che?!??!?!) e avrei voluto stare ad ascoltare per altre 3 ore, ma io questi discorsi li dovrò tradurre in una cartolina A5 fatta di:

  • fronte: 1 foto
  • fronte: 1 slogan con funzione CTA (call to action)
  • retro: 4-5 righe di testo
  • retro: IBAN, donazioni online, conto postale
  • retro: contatti

Va così!

Il resto delle informazioni andranno a finire in vari tipi di supporti, ma sempre filtrare, semplificate, “italianizzate”, tradotte insomma in un vero e proprio italiano per il fundraising, che assomiglia tanto – a volte troppo! – all’italiano dei temi delle elementari o delle medie, ma che, pace all’anima, è la lingua che funziona meglio di tutte – attendo prove contrarie! – se il tuo obiettivo è portare a casa delle donazioni e non solo dei complimenti.

I miei attrezzi del mestiere per fare questa opera di traduzione sono pochi:

  • il pc per intervistare e prendere un fiume di appunti
  • un foglio per aneddoti ed esempi particolarmente vividi e chiarificatori che saltano fuori nel mentre
  • un registratore portatile per tirare giù tutto quello che viene detto (e ricalcare certi modi di dire, gerghi, etc che altrimenti rischio di farmi scappare)
  • la memoria che è sempre: problema >> avventura >> vittoria, per piccola che sia
  • un dizionario dei sinonimi e contrari
  • una buona dose di autocritica e (cosa che personalmente mi è faticosa… son fatto così!) di critica esterna, perché, se pare buono a me e basta, non significa nulla
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