Le 3 colonne della raccolta fondi: soldi, squadra, strategie. Ma in che ordine?

Le 3 colonne della raccolta fondi: soldi, squadra, strategie. Ma in che ordine?

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Quali sono le colonne portanti della raccolta fondi? Su che cosa deve imperniarsi l’insieme delle attività di fundraising e collegate? Facendo uno sforzo di sintesi, ti indico questi 3 elementi imprescindibili:

  • organizzazione del lavoro
  • avere delle strategie di sviluppo da seguire
  • disporre di risorse da investire

Quando argomento questo tema durante i corsi di formazione, nei primi minuti parte sempre una slide con l’elenco che ti ho riportato qui sopra. Nella presentazione c’è scritto:

“Qual è l’elemento più importante tra questi 3?

Quale più di tutti determina il successo nel fundraising? “

Ti starai già dando la risposta, e magari è pure quella giusta! Con questo post voglio sviscerare questo tema, quindi qui di seguito tratto i 3 punti della lista uno per uno.

Ti avverto: rispetto ad alcuni libri o altri blog o corsi che puoi aver seguito, in questo articolo troverai delle affermazioni abbastanza “spinte”. Le faccio perché ogni santo giorno io vivo e lavoro a contatto con le piccole organizzazioni e so per certo che per loro (come per la tua organizzazione!) la pratica è MOLTO lontana dalla teoria e dai precetti della didattica standard

Partiamo dal punto più “hot”, cioè l’ultimo: le risorse da investire.


3. DISPORRE DI RISORSE DA INVESTIRE

“Ma se voglio raccogliere xyz€, quanto mi tocca spendere?”

E’ la domanda che prima o poi tutti quelli che girano nell’ambiente si fanno o si sentono rivolgere… La risposta fatale è: dipende! Ed è l’unica valida.

Mettiamo giù chiaro una volta per tutte che chi è capace di fare fundraising sicuramente porta indietro ben più dell’investimento (e non parlo solo di ritorni in euro!).

Ora però dico una cosa che farà arrabbiare qualcuno, specialmente qualche presidente o consigliere di direttivo: se la tua associazione, cooperativa, fondazione etc fa acqua da tutte le parti a livello imprenditoriale (non sto parlando di “fare profit”, ma di avere una visione, una forte capacità manageriale e la tensione allo sviluppo – per averle, non serve stare sui banchi di scuola… -), per quanti soldi tu possa avere intenzione di investire nel fundraising, andrà comunque a finire male! Ripeto:

Se la tua organizzazione non ha un sano piglio imprenditoriale (vd. sopra),

le cose andranno male anche se investirai molto nel fundraising.

Purtroppo pochissime organizzazioni sono pronte ad ammettere di fare acqua da tutte le parti e che, in realtà, per loro fare raccolta fondi è l’ultimo dei problemi a cui pensare!

Quindi, nella beata ipotesi che la tua piccola organizzazione abbia un sacco di soldi da investire nel fundraising: chiamami! 😀

Scherzo… il vero messaggio è:

LA QUANTITA’ DI SOLDI INVESTITI, DI PER SE’ E DA SOLA,

NON DETERMINA IL SUCCESSO DEL FUNDRAISING

Allora risaliamo al secondo punto: avere una strategia, quanto serve?


2. AVERE UNA STRATEGIA DI SVILUPPO DEL FUNDRAISING

Beh, se avere almeno una strategia di sviluppo della raccolta fondi non servisse proprio a nulla, certo non avrei inserito questo punto nell’elenco iniziale! La parola “strategia” può far venire in mente cose brutte, tipo piani aziendali che durano anni, numeri da tutte le parti, un lavoro incessante ed immane di implementazione…

Ma come sempre: l’ottimo è nemico del buono. E così, venendo alle strategie, dirò un’altra cosa abbastanza impopolare: avere una strategia di sviluppo del fundraising è essenziale, ma da un certo punto in poi ci sono forze incontrollabili che ti soccorrono!

Io non credo nella Provvidenza nel senso religioso del termine, però affermerei il falso negando che

nel fundraising, da un certo punto in poi,

le cose si muovono a tuo favore anche se resti (quasi) fermo

Sottolineo quel “da un certo punto in poi”, perché chi si occupa del fundraising deve mettere la marcia, indicare la destinazione e condurre l’organizzazione su quella via, accelerando e frenando, e far marciare la macchina di continuo.

Poi, fatto questo lavoro bene, con continuità e costanza per almeno 12 mesi, l’energia messa in circolo tocca le persone come se dotata di buone intenzioni e di vita propria, tanto che non è così inusuale trovare donatori che bussano alla porta senza essere stati inviati (averne!) o che organizzano iniziative ed eventi addirittura a tua insaputa ma a tuo beneficio. Oppure, classico dei classici: una mattina arriva in sede la notifica di un lascito mai sollecitato, proprio da un estraneo…

Qui il messaggio più importante è:

LA TUA ORGANIZZAZIONE DEVE AVERE UNA STRATEGIA DI SVILUPPO

MA NON E’ QUESTA A DETERMINARE VERAMENTE IL SUCCESSO DEL FUNDRAISING

E quindi veniamo al primo punto… se l’ho messo lì in cima, un perché doveva esserci! Dicevamo: l’organizzazione del lavoro.


1. L’ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO

Questo punto puoi anche chiamarlo

FARE SQUADRA E CONDIVIDERE UN’ISPIRAZIONE

Taglio corto:

ORGANIZZARE IL LAVORO DI UNA SQUADRA

CHE CONDIVIDE UN’ISPIRAZIONE

E’ ASSOLUTAMENTE IL FATTORE DI SUCCESSO DEL FUNDRAISING!

Le 7 lettere di ” S-Q-U-A-D-R-A ” sono il peso che sposta la bilancia dal rischio di fallimento al successo clamoroso.

La cosa buffa (o tremenda, scegli tu) è che tipicamente solo un’organizzazione su 10 (o 20?) è consapevole di quanto sia importante fare squadra tra i propri membri, lavorare sulla motivazione e tirarsi su le maniche.

Posso dirti per certo che, quando hai le 7 lettere di “squadra” al posto giusto, per fare una grande raccolta fondi non servono nè strategie mirabolanti nè chissà che investimenti.

Se il fundraising è la “poetica scienza delle relazioni”, nessuna organizzazione può pretendere di avere successo nella raccolta fondi se prima di tutto non lavora sulla qualità delle relazioni interne!

UNA SQUADRA COESA, PER QUANTO PICCOLA,

FA FUNZIONARE IL FUNDRAISING

Invece un’organizzazione che affida (cioè: sbologna) al fundraiser retribuito o volontario tutto il carico e l’onere della raccolta fondi, si condanna a morte da sola. E presto perderà pure il suo o i suoi fundraiser.

Pensa solo che domani sarò tutto il giorno a fare squadra tra fundraiser, con l’effetto sicuro che tornerò bello carico, ispirato, motivato, sapendo di poter contare su qualcuno per combinare qualcosa assieme o anche solo per un confronto veloce.

Ma se per primi lo facciamo proprio tra fundraiser, perché invece la tua organizzazione ancora non vuole fare squadra?

Pensaci, oppure chiedi il perché a chi di dovere. Poi fammi sapere la risposta. La aspetto, volentieri, davvero!

Un salutone e avanti tutta!

– Riccardo Friede –


PS: sul tema della squadra, ti invito a rileggere l’articolo che parla del gruppo di lavoro di fundraising che ogni organizzazione può e deve formare: fai click qui!

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