Trovare lavoro nel fundraising: intervista a Chiara Arroi

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NOVITA’ | Vuoi conoscere i nomi di chi ha destinato il 5 per mille alla tua organizzazione e così ampliare e migliorare il tuo database? Leggi questo articolo in 2 parti per scoprire come puoi provarci!AGGIORNAMENTO DEL 2 MAGGIO 2011 | Ti interessa il ruolo di consulente per il fundraising di piccole organizzazioni non profit? In questa nuova intervista puoi leggere come un giovane fundraiser ha costruito la sua carriera in questo ambito!

Come si diventa fundraiser? Come trovare lavoro nel mondo della raccolta fondi?

C’è molto curiosità attorno a questa domanda. Te lo sarai chiesto anche tu!

Sicuramente non sono le agenzie di lavoro interinale a pubblicare le ricerche di personale, però un certo movimento c’è (in fondo alla barra laterale di questo blog trovi la mia raccolta di link su lavoro e non profit!).

L’anno scorso ho avuto la fortuna di frequentare il master in fundraising di Forlì: forse ti sembrerà un clichè, ma la cosa più bella che mi ha lasciato quest’esperienza sono gli amici che lì ho conosciuto. Giovani e adulti, alcuni già professionisti, altri affamati di aggiornamento, altri ancora alla ricerca del primo lavoro nel terzo settore.

In quest’articolo troverai un’intervista a Chiara, partita assieme a me come studentessa con tanta voglia di orientarsi nel mondo del fundraising e oggi fundraiser di una delle più importanti realtà del terzo settore romagnolo. Grazie a questo articolo scoprirai uno dei percorsi possibili per costruire la tua carriera nella raccolta fondi!

Menzione d’onore ai miei compagni di masterLe persone con cui l’anno scorso ho avuto il piacere di condividere tanti weekend di formazione e divertimento stanno facendo crescere questo blog sul fundraising per le piccole organizzazioni non profit. Ti rimando all‘articolo di Massimiliano su come aumentare gratuitamente il traffico verso il sito della tua organizzazione non profit e quello di Alessandro sul payroll giving!

Grazie amici!

Prima di passare all’intervista, ti rimando anche al blog di Alberto Ghione che su fundraising, lavoro e formazione nel terzo settore ha parecchio da dire (ti suggerisco in particolare questo e questo articolo)!

E ora, buona lettura!

Riccardo: Ciao Chiara! Allora, raccontaci della prima volta che hai sentito parlare di fundraising…

Chiara: Non molto tempo fa. A fine 2008 ero in internet una sera in cui, come tante altre sere, cercavo informazioni sull’occupazione nel terzo settore: opportunità di volontariato, stage formativi, lavoro. Navigando sono arrivata al sito di ASVI, la scuola di formazione di Roma per manager del no profit. Lì mi sono imbattuta nel loro master in fundraising. Incuriosita ho iniziato maniacalmente a cercare “fundraising” su Google cercando di capire cosa fosse esattamente questa professione. In questo modo sono arrivata al sito del Master in Fundraising per il Nonprofit e gli Enti Pubblici di Forlì. Lì ho capito qual è il ruolo del fundraiser ed ho scoperto la loro offerta formativa. Non è stato difficile innamorami del fundraising, perché é una professione che racchiude in sé caratteristiche che sono anche le mie! L’importanza data al sociale, alle buona cause, agli ideali, ai valori, ma senza mai perdere di vista il concreto: il fundraiser é pragmatico! Allora ho pensato: cavoli, sono una fundraiser e non me ne ero mai accorta!

Insomma, stringi stringi, è stato Google a farmi iscrivere al Master in fundraising del prof. Valerio Melandri!

Riccardo: Insomma, un incontro nato dalla tua grande curiosità! E adesso di cosa ti occupi?

Chiara: Ho iniziato da poco a lavorare allo IOR – Istituto Oncologico Romagnolo. Il mio ruolo qui spazia dall’impostazione di una strategia di comunicazione integrata a compiti più operativi come l’ufficio stampa, l’ideazione di campagne di comunicazione, la segreteria. Direi un po’ di tutto, anche perché la struttura dell’organizzazione non permette nette divisioni di compiti. Io stessa in questo momento sto un po’ trascurando il fundraising vero e proprio per spendermi più sul versante comunicazione.

Riccardo: Una fundraiser tutto fare insomma! Ma facciamo un passo indietro: quali sono le tue esperienze formative e professionali in genere? Ricostruisci il percorso che ti ha portata dove sei oggi…

Chiara: La mia formazione universitaria si ferma ad una laurea triennale in  Scienze Politiche e delle Relazioni Internazionali, nel marasma dei corsi di laurea avevo scelto il curriculm “Culture e Diritti Umani”. Dopo la laurea breve ho scelto di non proseguire con la specialistica, reputandola abbastanza inutile per apprendere competenze spendibili nel mondo del lavoro. Così la mia decisione si è orientata verso un master. Quello che speravo era appunto un corso che mi desse maggiori competenze e magari un avvicinamento diretto al mondo del lavoro. Eccomi così giunta al master in fundraising, in qualità sia di studente che di tutor d’aula. Un’esperienza entusiasmante che mi ha permesso di mettermi in gioco al 100%. Dopo un intenso anno di teoria in aula, ho scelto di svolgere lo stage obbligatorio presso una la Fondazione Terre des Hommes. Qui ho supportato l’ufficio comunicazione e raccolta fondi destreggiandomi un po’ tra il corporate e l’organizzazione di eventi, esperienza che ha confermato la mia scelta di lavorare nell’ambito della raccolta fondi. L’esperienza è proseguita dove sono ora, cioè all’Istituto Oncologico Romagnolo.

Riccardo: Ormai sei addentro il mondo della raccolta fondi da un po’. Dicci, come ti senti nei panni di fundraiser?

Chiara: Poco tempo fa, per un esame del master in fundraising, ho scritto la mia autobiografia. Ho dovuto analizzare me stessa, le mie attitudine personali e professionali. Bene, il risultato di questa auto analisi è stato un pieno riconoscimento di me stessa in quanto fundraiser (anche se in erba!). Ho sempre pensato, e continuo tuttora a pensarlo, che il fundraising sia una specie di arte, una missione con due facce: lemotività, che regala al fundraiser l’onore di educare le persone alla solidarietà e al bene comune, e la razionalità, quando giunge il momento di cercare donazioni per portare a compimento le buone cause dell’organizzazione in cui lo stesso fundraiser crede. Ecco, forse proprio perché in me convivono i due aspetti della razionalità ed emotività, oltre al forte sentimento solidale, mi sento a mio agio nei panni di fundraiser.

La mia speranza è ovviamente quella di tornare ad occuparmi in modo più strutturato di raccolta fondi. Ciò che mi preme sottolineare è il fatto che non bisogna essere rigidi ad ogni costo, ma è necessario sapersi anche adeguare alla realtà in cui si opera, senza restare fermi sulle proprie posizioni. Le organizzazioni non profit sono tutte diverse per dimensione, struttura, grado di sviluppo. Per cui adattamento, buona volontà e sani valori rendono un fundraiser ancora più prezioso per se stesso e per l’organizzazione in cui opera.

Riccardo: Raccontaci un’esperienza che ti ha fatto crescere come fundraiser!

Chiara: Credo che il primo vero slancio sia stato lo stage a Terre des Hommes. Prima di allora non avevo mai avuto rapporti con aziende, non mi ero quindi mai interfacciata con rappresentanti di imprese e istituzioni all’interno di un ufficio raccolta fondi. Questa prima esperienza, anche se breve, la posso considerare un successo. In poco tempo ho infatti appreso i linguaggi da utilizzare, le tecniche da adottare, le tempistiche da rispettare e tutto un bagaglio di competenze che mi ha permesso di iniziare la mia nuova esperienza lavorativa con sicurezza e fiducia in me stessa. Bagaglio di competenze che sto cercando di tasportare all’interno della mia attuale organizzazione.

Riccardo: E un insuccesso da cui hai imparato qualcosa?

Chiara: Chi lavora nella raccolta fondi sicuramente avrà sentito parlare della risposta “No”. Bé, credo che questi siano un po’ i miei momenti difficili. Non è mai semplice gestire un no, e soprattutto doverlo accettare! Mi capita di essere talmente convinta della validità della buona causa che rappresento, da non capire come sia possibile per l’altro non sentire la stessa esigenza e lo stesso impeto che sento io. Anche qui, essere un bravo fundraiser comporta anche saper accettare e gestire le risposte negative, nonché trasmettere la buona causa che rappresentiamo in tutta la sua importanza. Doti da affinare senz’altro con l’esperienza.

Riccardo: Parliamo del fundraising per le piccole organizzazioni non profit. Quali trovi che siano le criticità?

Chiara: Operare all’interno di una piccola onp spesso significa accertarsi che i costituenti e i membri degli organi di governo abbiano ben chiaro cosa vogliono e come ottenerlo. Significa rendersi conto che serve una logica d’investimento e un’ottica orientata al lungo periodo come base per ogni attività che si sceglie di portare avanti. Il management deve essere perfettamente consapevole di questi fattori. Senza nulla togliere alla buona volontà e alla bontà d’intenti, spesso i fundraiser delle piccole organizzazioni sbattono letteralmente la testa contro atteggiamenti difensivi, orientati a logiche di breve periodo, di sopravvivenza. Credo che uno degli scogli più grandi del fundraising per una piccola organizzazione sia proprio questo: avere successo prima nella comunicazione e formazione interna, prima che esterna; far capire ai membri del consiglio che il fundraising è non solo utile ma necessario per il miglioramento dell’organizzazione e che quindi deve essere trattato con la stessa importanza con cui si tratta ogni altra questione. Il fundraising deve sempre essere messo all’ordine del giorno, deve essere un gioco di squadra fra tutti i membri dell’organizzazione. Ma arrivare ad un accordo su tutto questo non sempre è facile!

Riccardo: E quali trovi invece che siano i punti di forza?

Chiara: Un grande punto di forza delle piccole organizzazioni è sicuramente il grande entusiasmo di chi ci lavora, dal management ai volontari. La passione e lo spirito solidale animano ogni sforzo fatto. Se confluite nel modo giusto, tutte queste energie posso portare a grandissimi risultati.

Riccardo: Ok Chiara! E ora chiudiamo: racconta a tutti un’iniziativa di dimensione locale che ti é rimasta impressa…

Chiara: Mi viene in mente lo sforzo fatto dall’organizzazione in cui lavoro ora, l’Istituto Oncologico Romagnolo, nell’essere ideatore e co-fondatore assieme alle aziende Usl e le Fondazioni romagnole dell’IRST, l’Istituto per la Studio e la Ricerca sui Tumori in Romagna. Quello dello IOR è stato un grandissimo investimento, costato enormi sacrifici. La validità del progetto, tuttavia, ha fatto si che si trovassero altri autorevoli finanziatori. Ora l’IRST è uno dei più grandi istituti di ricerca, diagnosi e cura della regione. Non esiste un cittadino romagnolo che non conosca questa realtà diventata un centro di eccellenza.

Vuoi contattare Chiara Arroi?
mail: chiara.arroi@alice.it
skype: chiaire
mobile: 3403113275
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10 commenti su “Trovare lavoro nel fundraising: intervista a Chiara Arroi”

    • Fortunatamente Chiara é stata generosa e senza riserve! Il grazie più grande va a lei! 🙂 Ah, sono un frequentatore del tuo blog …complimenti, lo curi davvero alla grande! Un saluto e grazie di essere passato di qui!

  1. Grazie Chiara per come hai raccontato l'esperienza a Terre des Hommes e grazie soprattutto per l'entusiasmo, l'umanità e la capacita' di fare squadra che hai dimostrato. Ci manchi! Un abbraccio

    • Beh che dire: io taccio, ci vuole una risposta di Chiara! 🙂 Grazie comunque di aver dedicato un po' del tuo tempo a questo articolo, Paolo!

  2. Grazie Chiara. Se posso dire qualcosa su cui entrambi concordiamo, credo, è la qualità umana che caratterizza generalmente chi si butta in questo mestiere. L'entusiasmo e una fiducia assoluta nell'evoluzione della specie umana, la creatività, l'assenza di pregiudizi, una notevole dose di razionalità, la voglia di sudare (5% ispirazione, 95% traspirazione), la voglia di crederci nonostante tutto, l'aderire a valori etici spesso impopolari, l'umiltà di porsi senza infingimenti di fronte alla veloce indifferenza dei molti (ma non dei tutti), la caparbietà, sono tutti ingredienti capaci di produrre piccoli miracoli accoglienti, nutrienti, sani. Nessuna iconografica santificazione del terzo settore: c'è moltissima cacca anche lì e i marchettari sono dietro l'angolo delle molte fragili anime, nascosti nei buchi mentali che a tratti si producono in ego paurosamente ipertrofici. E tuttavia, che gioia certi sorrisi.

    • Superlativo come sempre Francesco! 😉
      Dopo averlo letto tante e tante e tante volte, sono convinto che sul Manifesto del Fundraiser si potrebbe (dovrebbe?) fare giuramento http://goo.gl/MFsyv .
      E l'ultimo articolo credo centri quel che dici tu: il fundraiser è conscio che il successo dipende molto di più dalla visione di se stesso e del proprio ruolo che da tutte le altre variabili.
      In effetti, serve essere titolatissimi per essere fundraiser? Se ci sono sicuramente è molto utile, ma sono l'entusiasmo e la passione di Chiara e di chi altro come lei 'sente' davvero la professione a essere imprescindibili! Ovviamente questo discorso vale per tutti, tranne che per gli architetti che, poverini, non hanno speranza. ;D

  3. Ho avuto l'occasione e la fortuna di conoscere Chiara durante il Master di Forlì. Le nostre esperienze (ed inesperienze) formative e di avvicinamento al fundraising sono simili e sono lieta che, rispetto a poco più di un anno fa, quando eravamo così inesperte, Chiara abbia fatto un notevole salto di qualità e sia cresciuta così tanto! Leggere la sua intervista non fa che confermare la sicurezza della mia scelta rispetto a una professione così affascinante e difficile al tempo stesso. E mi dà forza per affrontare proprio quelle difficoltà che si incontrano nel quotidiano e che a volte spiazzano e buttano giù.

    Grazie Chiara, sono orgogliosa di avere un'amica come te!

    • Fa proprio bene leggere che tra i giovani fundraiser c'è tanto entusiasmo e voglia di crescere!
      E ancor di più é bello sapere che, come dici tu Laura, tra esperienze ed inesperienze c'è chi raggiunge il ruolo a cui ambiva, magari proprio nell'organizzazione che sperava…
      E ancora meglio sapere che fra queste persone c'è chi va fiero di potersi dire 'fundraiser'!
      Grazie mille Laura! E se vorrai, sarebbe bellissimo che tu ci raccontassi del tuo percorso da volontaria a MSF!

  4. innanzitutto grazie a tutti per aver letto l'intervista e averla ritenuta interessante. Da parte mia posso solo ringraziare Riccardo per l'entusiasmo e la professional8ità con cui fin dall'inizio si è speso in questo mestiere.. e continua a farlo ogni giorno con una carica maggiore! e i risultati sono misurabili!

    Grazie di cuore a Paolo (il mio responsabile di Terre des Hommes, perchè mi ha insegnato il lavoro di squadra, l'entusiasmo, la passione, la competenza, l'importanza del nostro lavoro. Grazie PAOLO ED ELENA!!! E poi giustissimo Francesco: i sani valori, la fiducia negli altri e la passione possono scatenare uragani dentro e fuori di noi..

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