Quanto guadagna un fundraiser? (o “Partita iva: dai minimi ai #minimivitali”)

Quanto guadagna un fundraiser? (o “Partita iva: dai minimi ai #minimivitali”)

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Questo articolo parla di tre grandi temi:

  • come si inizia a lavorare nel fundraising (non in generale, ma nel 2014)?
  • quanto guadagna un fundraiser o un consulente?
  • come posso progettare un percorso professionale e di vita concentrandomi in questo settore?

Questi argomenti mi sono suggeriti da altrettanti stimoli:

  • in 7 giorni, 6 giovani e meno giovani neo-fundraiser mi hanno chiesto consiglio su come iniziare a fare il consulente di fundraising o a proporsi come fundraiser
  • nessuno parla apertamente di quanto guadagna lavorando nel fundraising, fatta eccezione per casi isolatissimi. Si, ci sono le indagini svolte negli ultimi due anni, ma il punto è un altro: perché neppure tra colleghi si parla di questo tema decisamente importante? Tabù?
  • il governo Renzi sta trasformando il regime dei minimi per le partite iva nel regime dei #minimivitali, riforma sorprendente nel senso peggiore del termine per quanto riguarda i liberi professionisti

L’obiettivo di questo articolo è affrontare i temi e esaurire per quanto mi è possibile gli stimoli sviluppando, ancora una volta, tre punti:

  • come ho iniziato a lavorare nel fundraising e come ho sviluppato questo percorso?
  • quanto guadagno in media al mese lavorando nel fundraising? Forse mi sputtano, forse no, ma soprattutto: me ne importa ben poco. Su questo penso che sia profondamente sbagliato fare bocca cucita e che viceversa sia fondamentale mettere sul piatto la propria realtà.
  • perché sono tanto fortunato a poter restare (pare) nel regime partita iva dei minimi anziché dover passare a quello dei #minimivitali?

Le premesse non finiscono mai

Scrivere questo post mi costa un po’ di fatica. Sono le 23:16 che inizio a scriverlo.

Oggi, come quasi ogni altra giornata, anche quando non sto lavorando fisicamente sono in grande movimento di pensieri lavorativi, in progettazione mentale e formulazione, quasi ininterrottamente dalle 8:00 alle 24:00.

E questo moto continuo… sai cosa? Mi viene facile anche quando è sfidante, mi diverte anche quando ti trovi agli sgoccioli, mi stimola anche quando sono veramente stanco, perché

Io AMO il mio lavoro

perché rafforza e fa volare più in alto il progetto di famiglia e di vita con Silvia

Desidero con forza e volontà che altre persone possano gioire e trovarsi in questa stessa situazione (ma Silvia me la tengo stretta!).

E queste persone siete: tu che stai leggendo queste righe e che sei tanto interessato a questo tema. Gli studenti più o meno giovani che escono da master e corsi di formazione sul fundraising / phonburning e vogliono continuare questo percorso lavorando nel settore. Gli interni di piccole e medie realtà che vogliono migliorare la propria professionalità. “Quelli del profit” che sentono il richiamo del non profit.

Quindi, su le maniche, questo articolo lo chiudo all’ora che serve. Per te e per voi che volete fare del fundraising parte del vostro percorso di vita. Avanti tutta!

Come ho iniziato a lavorare nel fundraising?

Adoro fare il fundraiser / fangspruzzer. Amo occuparmi di fundraising / fintresin’ come interno, come consulente, come formatore. Ma per arrivare qui, beh, ci è voluto un bel po’.

Salto la storiella della mia vita, che per sommi capi puoi ricostruire guardando da altre parti. Salto a piè pari a raccontari del mio rapporto tra esperienza nel fundraising e reddito. Un passo dopo l’altro:

  1. tirocinio in una cooperativa sociale, ambito organizzazione eventi e ufficio progetti (si, tecnicamente non è fundraising, ma vai a lavorare in una piccola organizzazione e poi ne riparliamo; oppure vai a lavorare in un’agenzia… poi ne riparliamo meglio ancora). Lì ricevevo 200€/mese netti dal Progetto Fixo tramite il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e la cooperativa ospitante mi ha offerto il pasto per tutto il periodo.
  2. mi sono spostato al primo lavoro come interno e cioè in una piccola associazione in cui dovevo fare solo fundraising (senza saperne praticamente nulla. Tutto quello che avevo dalla mia parte era il Libro Giallo del Fundraising, che neppure ho usato un granché a dire il vero). Esperienza forte: ho fatto cose del tutto assurde e allacazzodicane tipo porta a porta, mini-mailing su liste di morti viventi, ricerca sponsor dalle Pagine Gialle etc. Forse più errori che successi. Il tutto per 600€ netti/mese con un co.co.co.
  3. ho vinto una borsa di studio a copertura totale per un master in gestione etica d’azienda e nel contempo ho svolto tirocinio presso una piccola fondazione, lavorando nella comunicazione e organizzazione eventi. Rimborso di 900€ netti/mese. Un’esperienza molto formativa: forse tutto il meglio e il peggio del terzo settore, in un sorso.
  4. ho vinto una borsa di studio a copertura parziale per il Master in Fundraising di Forlì (si, quello del Melandri!) e già da un paio di mesi avevo iniziato a lavorare alla Fondazione cav. Guido Gini Onlus che al tempo stava cercando un fundraiser per lo start-up della raccolta fondi. Lì ho iniziato a part-time con un co.co.co. per circa 600€ netti/mese.
  5. finito il master ho continuato a lavorare alla Fondazione e ci sono da più di 5 anni (ah, guarda che forte questo!). Il tipo di lavoro e le forme contrattuali nel tempo sono cambiate: da solo fundraising a mille altre cose (che è la caratteristica di tantissime piccole realtà), fino a uno sbilanciamento verso le mille altre cose. Sono passato attraverso un contratto di apprendistato e arrivato a un tempo indeterminato, aumentando le ore fino a 32 per poi volontariamente scendere a 27. Da responsabile della comunicazione e del fundraising a impiegato di concetto con funzioni di coordinamentoLo stipendio medio mensile è di 1000€ netti (facendo 930€ * 13 mensilità diviso 12)
  6. adorata parentesi: nel 2011 ho aperto il mio primo blog sul fundraising 🙂
  7. DA QUI LEGGI MOLTO ATTENTAMENTE! :: dal 2012, mentre lavoravo alla Fondazione, ho iniziato a fare il formatore (grazie Marianna e Socialidarity!). Per circa un anno con prestazioni occasionali, ma rapidamente stavo sforando il tetto dei compensi e nel contempo sono arrivate le prime richieste di consulenza.
  8. a fine 2012 ho aperto partita iva nel regime dei minimi con una classificazione diversa da quella dei lavori precedenti come fundraiser, perché fare il formatore o il consulente sono lavori sostanzialmente diversi dal fare l’interno
  9. da inizio 2013 lavoro tutto l’anno e sempre di più come interno, formatore e consulente a tutto fundraising, al contempo con un contratto alle dipendenze e con una partita iva in regime dei minimi

Tutto chiaro? Un percorso tortuoso, ma ci sono alcuni elementi che è importante evidenziare:

  • dal 2008 ad oggi ho lavorato e percepito reddito ininterrottamente
  • di fatto sono semplicemente passato da un passo all’altro senza mai restare a casa
  • le cose sono andate in crescere economicamente e migliorando in termini contrattuali

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E questo buon andamento è dovuto al fatto che:

  • forse avevo le idee confuse, ma intenzioni e sentimenti molto chiari
  • lì non li ho citati, ma mentre esercitavo nel fundraising, quando è servito ho fatto pure altre cose (ho lavorato in catena di montaggio, fatto il cameriere in sagra, etc). Questo perchè il progetto di lavoro fa parte del progetto di vita e non viceversa
  • nel frattempo (beh, dai 15 anni in poi!) ho sempre fatto volontariato in ambiti che riguardavano la gestione di gruppi, l’organizzazione di attività ed eventi, rendicontazioni, progettazione, piccole attività economiche etc. L’esperienza che ti torna sul lavoro, anche se al momento non lo stavi considerando.

Ma torniamo al sodo, ripartendo dal punto 9. cioè da quando lavoro tutto il giorno e tutti i giorni nel fundraising.

Quanto guadagno in media al mese lavorando nel fundraising?

Qui prendo in esame l’oggi, e per farlo considero come inizio il 2013. Come ti dicevo da lì ad un contratto alle dipendenze ho affiancato la partita iva nel regime dei minimi. Il regime dei minimi buono (non quello dei #minimivitali che per le libere professioni parte dall’1 gennaio 2015) per i sommi e più importanti capi consiste in:

  • INPS al 27,72% (ma 20% se hai un contratto di lavoro subordinato che comporta già un versamento nella Gestione Separata Inps, che è il mio fortunato caso)
  • imposta unica del 5% sostitutiva di irpef, inail, irap, iva, addizionali
  • ricavi fino a 30.000€ / anno
  • ci resti dentro per massimo 5 anni oppure fino al compimento dei 35 anni (quindi se la apri a 27 anni ci resti/restavi dentro 8 anni)
  • porti in deduzione le spese inerenti l’attività professionale, in quota ridotta

Metti assieme tutto (per il resto delle indicazioni di questo ex-regime, ti rimando a una delle diecimila guide in materia), è abbastanza chiaro che una partita iva in regime dei minimi può/poteva essere una bella opportunità di iniziare a lavorare come libero professionista del fundraising e nel frattempo mangiare e poi dormire con fiducia.

Ti ripulisco i miei calcoli da tutti i passaggi intermedi (ad esempio le spese portate in deduzione… ma se li vorrai sapere in dettaglio, sentiamoci!) e il risultato è:

Nel 2013

  • redditi da partita iva: 12.454€ incassati = 9.681€ netti – 2000€ di spese per l’attività professionale a p.iva = 7681€ / 12 mesi = 640,09€ di netto medio mensile
  • + media mensile reddito da lavoro dipendente: 1000€
  • media mensile complessiva 2013: 1640,09€

Previsione 2014 (con sano realismo sugli incassi)

  • redditi da partita iva: 21.000€ incassati = 16.125€ netti – 4.900€ di spese per l’attività professionale a p.iva = 11.225€ / 12 mesi = 935,42 € di netto medio mensile
  • + media mensile reddito da lavoro dipendente: 1000€ (vd. sopra)
  • media mensile complessiva 2014: 1935,42€

A vantaggio di ogni considerazione: mettere assieme lavoro dipendente e partita iva è complicato. Io ci sono arrivati in termini logici ed organizzativi dopo tanto studio, riflessione e consulenza di commercialista.

Questo è quello che mi porto a casa lavorando certi periodi 7 giorni su 7, comunque dal primo mattino fino a sera tardi; studiando di continuo; formandomi e confrontandomi ogni giorno con chiunque faccia questo mestiere o che comunque possa dare spunti interessanti; cercando e creando collaborazioni; elaborando agende, tempi e metodi per farci stare tutto; stando su fino a notte fonda per portare in là il messaggio del fundraising, il mio nome, la mia professionalità. Cercando di fare tesoro di tutto ciò che imparo tra successi ed insuccessi e di renderlo disponibile e utilizzabile da chi vuole fare propria questa professione. Detto in altri termini:

Mi faccio un culo così ogni giorno

(col sorriso e con la sensazione che andrà sempre meglio)

Ed è certo che tanti altri se lo fanno e se lo stanno facendo e se lo faranno. Peccato non poterlo sapere dato che di queste cose non si parla, no?

Su tutto questo ci lavoro ininterrottamente dal 2007. Dopo 8 anni di impegno, di crescita e di risultati, alla soglia dei 30 anni credo che sia un riconoscimento equo e onesto.

Sono fiero, orgogliosissimo, di dire che non ho mai preso un singolo euro in nero, neppure quando me l’hanno proposto e neppure quando questo ha significato perdere un cliente perché non ci è stato (eh si) oppure perché semplicemente non ci arrivava col budget. Sono scelte anche queste.

Con questa media mensile (e insisto col concetto di media mensile, perché le tue spese familiari e professionali te le fai giorno per giorno, no? Perché vedersi arrivare 5000-6000€ di imposte in un botto fa la differenza, no? Perché incassare tre mesi no e uno si cambia le cose, giusto?) ci pago spese familiari e di casa, metto via, investo sulla mia professionalità.

Cioè, sviluppo un progetto di vita. Punto.

Tecnicamente questo è reso possibile dall’integrazione di due tipologie di reddito e da un regime di partita iva che mi agevola veramente. E passo all’ultimo atto.

Da un regime dei minimi buono al regime dei #minimivitali

[ Ripeto: se vuoi i miei calcoli dettagliati, chiedimeli, no problem. Solo in questo articolo come vedi c’è tanto, davvero diventavano di troppo ]

In molto casi, oggi l’unica e credibile prospettiva per un nuovo esperto di fundarising è aprire una partita iva. Se vuoi fare il consulente, di certo. Se vuoi fare il formatore, quasi sicuramente.

Se vuoi lavorare come interno, non dovrebbe essere, ma potrebbe toccarti. Togliamo anche questo velo, passando dalla legge alla realtà: diverse piccole e medie realtà che incontrerai non vorranno o non potranno assumerti. Per cui l’unica alternativa in questi casi, diventa la partita iva. Sono scelte, loro e tue. Sono pronto a stare dalla parte di chi dice: “Io vorrei almeno cominciare a lavorare nel fundraising e non trovo alternativa alla partita iva, anche come interno”. Nel mondo ideale sarebbe fantastico che tutte le piccole organizzazioni assumessero gli interni, nella realtà del cambiamento macroscopico che stiamo vivendo questo non sempre accade. In questa materia sospendo il giudizio, perché si fa presto a alzare la bandiera della legge-somma-legge se non ti trovi nella situazione concreta. Scelte, scelte, scelte.

Il problema per chi aprirà la partita iva in regime dei minimi nel 2015 è che questo sarà davvero un regime dei #minimivitali.

Come consulente o formatore di fundraising dovrai aprirla come libero professionista. Ancora, le regole di calcolo del tuo netto le trovi ovunque oramai, andiamo quindi al problema vero e proprio: il tetto dei 15.000€ di ricavi annui.

Mettere un tetto di 15.000€ euro annui allo stato delle cose significa che se arrivi al tetto, avrai:

  1. 15.000€ x 78% (coefficente di reddito imponibile) = 11.700€ di base imponibile
  2. 11.700€ * 27,72% INPS = 3243€ di imposta INPS
  3. 15.000€ – 3.243€ = 11.757€ su cui calcolare l’imposta sostitutiva
  4. 11.757€ * 15% di imposta sostitutiva = 1763€
  5. 11.757€ – 1765€ = 9994€ netti annui
  6. 9994€/12 mesi = 832€ di media mensile

Ma occhio che in tante simulazioni NON TROVATE un dato, neanche in accenno. E cioè che per lavorare devi fare spese. E nel nuovo regime dei #minimivitali queste spese NON sono nè deducibili nè detraibili! E in ogni caso, metti di spendere anche solo (impossibile) 1000€ per attività professionale, significa che:

  • 9994€ netti annui – 1000€ annui di spese = 8994€ restanti / 12 mesi = 750€ netti al mese

Ma se cominci a prendere l’auto o il treno per andare a cercare clienti, saluti e baci: potresti trovarti facilmente a viaggiare tra i 500 e i 600€ netti di media mensile. E se hai possibilità di lavorare SOLO a partita iva, questo è IL MASSIMO che ti puoi portare a casa in un anno di lavoro. Se sfori, c’è il regime ordinario partita iva. Cioè

Il regime dei minimi forfettario per i liberi professionisti

è una riforma del cazzo

Io e tanti altri pare (sottolineo: pare) che avremo possibilità di scegliere cosa fare: cioè chi è già o apre partita iva in regime dei minimi entro il 2014 potrà scegliere se restare in questo regime o passare al nuovo. Ho già fatto i miei conti e ci resto. Ma ho (pare) possibilità di scegliere cosa fare. Ma se non potessi scegliere cosa fare? Se mi trovassi cioè nella condizione di chi vuole avviare la professione nel fundraising giovando di qualche anno di agevolazione e si trovasse invece per forza a fare i conti con dei #minimivitali?

Ho sentito critiche da parte di liberi professionisti con partita iva in regime ordinario sul fatto che ci stiamo lamentando di nulla. Unica risposta: le agevolazioni per essere tali sono limitate nel tempo e questo infatti vale per il regime dei minimi. E’ un’opportunità che anche voi avreste preso potendo farlo. Dato che si è presentata, tanti di quelli che potevano prenderla, l’hanno fatto. E’ una palestra per il futuro, con opportunità e limiti del caso. Poi passiamo tutti al regime ordinario, nel frattempo abbiamo imparato meglio a stare in piedi. Grazie e pace.

Una prima conclusione, alle 02:34

La questione lavoro è complessa. La questione lavoro e fundraising ancora di più, perché ognuno va per la sua. Non ci diciamo nulla tra colleghi, non parliamo di contratti, di stipendi, di tariffari, nada, zero, pulito. E’ ridicolo!

La mia è una presa di posizione: ti dico il mio e te lo metto a disposizione. Mi metto a tua disposizione: se rispondevo prima a queste domande, figurati adesso. Se vuoi che ti spieghi come faccio i conti, te lo spiego. Chiedi e ti sarà dato. Mi auguro che altri si “schiereranno” con me, altrimenti amen: anche qui è questione di scelte. Io scelgo di stare da questa parte.

La mia mission è contribuire a far crescere il nostro settore, quello del fundraising / fundRenzi, cioè far crescere il lavoro che amo e di cui spero molti si innamorino, trovando soddisfazione, stipendio e il proprio sogno realizzato. E’ per un progetto di vita, è per la propria famiglia, per la propria comunità, per i propri clienti, per le loro buone cause, per i loro progetti, per chi ne beneficia, per un mondo che cambia in meglio.

Sono davvero stanco adesso, mi si chiudono gli occhi. E domani ho una mattina da consulente, un pomeriggio da dipendente e venerdì un’intera giornata da formatore. Negli intervalli mi aggiorno e sviluppo progetti in divenire.

E ne vale la pena. A letto stanco, ma con un sorriso così.

Avanti tutta!

PS: Ti ho detto la mia, tutta. Se questa volta non mi dici la tua… 😉

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9 commenti su “Quanto guadagna un fundraiser? (o “Partita iva: dai minimi ai #minimivitali”)”

    • Ma sono parsimonioso, molto… ho una naturale tendenza al risparmio, pure troppo 🙂 E vediamo se arrivano tutti i pagamenti per tempo, altra nocciolo della questione… facci sapere le tue! Ciao Michele!

  1. Ciao Michele,
    1’935,42€ * 12 mesi=23’237€ netti non sono molti, soprattutto se si considera che parte di questi derivano da P.IVA e dunque non hanno contribuzione completa.

    Per chiarire meglio voglio portare un profilo di raffronto:
    – Operaio specializzato del settore metalmeccanico.
    – Full time (40 ore settimanali)
    – Netto mensile 1’500 *13 mesi= 19’500€.
    – Varie tutele sulla malattia, infortuni etc.
    Questo lavoratore, considerata 13esima e contributi vari, costa all’azienda (Costo aziendale!) circa 40’000€ annui.

    Bene, adesso fai il confronto con il profilo di Riccardo:
    – Laureato con Master.
    – Over time… lavorerà 50 ore a settimana.
    – Netto 1’935€*12= ….4’000 in più dell’operaio.
    – Nessuna tutela per la parte inerente la P.IVA. ( Si ammala 3 settimane)
    – Deve sostenere alcune spese.
    Il suo costo aziendale sarà di circa 35’000€!!

    La differenza rispetto all’operaio sono contributi che non verserà e che quando sarà vecchio non riceverà come pensione oppure che non riceverà quando sarà in malattia o cassa integrazione!

    Inoltre, con tutto il rispetto per l’operaio, il valore aggiunto di un profilo come Riccardo è ben altro per un’azienda!

    Uno come lui non dovrebbe prendere meno di 1500 netti al mese (più premi %), a tempo indeterminato e per 40 ore settimanali. (Riccardo io te lo offro domani questo).

    Il vero problema sta alla base e non dipende da noi ma dallo sfracello che la politica sta facendo con tutta questa miriade di forme contrattuali del cavolo.
    Stage 6mesi+ apprendistato 3 anni + indeterminato…stop. Così dovrebbe essere.
    L’80% delle PIVA agevolate sono collaborazioni dipendenti mascherate.

  2. Come si fa a rimanere indifferenti e silenziosi dinnanzi a problematiche che nel quotidiano sembrano intralciare i sogni di tutti noi (non solo fundraiser) giovani e non, che si spaccano il culo ogni giorno (per dirla alla Riccardo e ampiamente condivisibile) per costruirsi un percorso professionale (e di vita) dignitoso e riconoscente degli sforzi fatti e investimenti.

    Caro Ric, grazie mille per questo post, rientro dal mio viaggio di nozze e la prima bella grande news che trovo è proprio la stravagante idea rivoluzionaria del nostro primo ministro in merito a partita iva e regime dei minimi.
    A mio avviso una vergogna senza storia, soprattutto se penso che cotali riforme provengano da chi si sta spacciando di “centro sinistra” e sbandiera parole tipo socialismo e affini a suo supporto. Lasciamo stare la politica su cui avrei molto da dire e da incazzarmi pesantemente sia da lavoratore che da cittadino. Lasciamo perdere quindi Renzi e il suo operato, le sue visioni, le sue politiche “innovative” e riformiste che ai miei occhi risultano sostanzialmente il seguito della cara agenda Monti che ha tanto fatto discutere.

    Parliamo invece di noi “giovani” che più giovani non siamo, io a Marzo ne compio 33 (raggiungo Gesù), noi che di fundraising ne parliamo molto tra una birra ed un’altra ma che rendiamo poco visibile il nostro operato al cospetto di chi si trova in posizioni più autorevoli e che potrebbe in qualche modo far risonare in ambienti politicamente più influenti le nostre visioni critiche verso questo futuro sempre più instabile.

    Leggendoti quasi mi rivedo in tutto, mi sono appena sposato con un incanto di persona, con la quale stiamo facendo progetti di vita a lungo termine, anche io ho un passato del “mi butto in tutto per capire come crearmi un percorso in questo ambiente”, sono emigrato per 5 anni nella fredda UK per capire cosa cazzo fosse la nostra professione, mi sono preso li un certificato che mi riconosce come fundraiser, è li che ho iniziato la mia carriera e fatto esperienza, ho messo il naso in ogni dove per capire quali fossero realmente le mie capacità per esprimermi al meglio in questo settore, ho conosciuto i più stravaganti professionisti del settore, dai più chiacchieroni a quelli che ti fanno realmente capire quali siano i passi che si dovrebbero fare per arrivare ad una soddisfazione personale nel lavoro. Una volta capito tante cose rientro in Italia per motivi di amore, sia verso la mia onlus sia verso mia moglie….e da li…perso in una giungla opaca nella quale ho dovuto tuffarmici per cercare di capirne i meccanismi.

    Sono innegabili le differenze di approccio al lavoro in paesi anglosassoni al nostro bel paese, fuori si valutano le skills (competenze) e le esperienze pregresse, qui paga molto di più il network e le relazioni che sviluppi. Non voglio rendere questo commento uno sfogo alla mia personale esperienza nel sistema Italia, che mi ha molte volte lasciato sbalordito soprattutto per le risposte ricevute quando ci si propone come candidati. Sembra quasi a volte di risultare scomodo quando hai qualche conoscenza in più al responsabile dell’area per la quale ti stai proponendo, la proattività è vista come presunzione e l’innovazione come minaccia per gli equilibri organizzativi.

    Sorvolo, troppa merda ho ingoiato e a quel punto anche io ho optato per la libera professione. Anche li…quanta merda ho spalato e ingoiato: non sei conosciuto, ti devi proporre a buon mercato perché sei sbarbatello (ora invece la barba è da talebano), i preventivi che fai vanno sempre limati (fino all’osso svilendo il tuo lavoro…se no c’è qualcun altro), non sei in piccole realtà territoriali (purtoppo vivo tra Roma e Milano) e la concorrenza non puoi non osservarla e lasciare a qualcun altro dei lavori che tu credi siano nelle tue corde.

    Rispondo al tuo post buttando giu le carte dei miei guadagni, oggi lavoro sempre come consulente, fino a settembre seguivo 3 organizzazioni diverse (per poter ritagliare uno stipendio), ricavando un lordo di 1200 euro al mese che al netto non raggiungevano nemmeno i 900, svilente dal punto di vista professionale, svilente da un punto di vista umano dopo anni di investimenti formativi ed esperienze dure fatte di tante rinunce (facciamo 6 anni).

    Ho avuto da Settembre la fortuna attraverso il mio network di incontrare questa opportunità in Fondazione Triulza che mi darà stabilità almeno per il prossimo anno, anche se non posso negare l’aver rinunciato al fundraising puro per come lo intendo io per occuparmi più della parte comunicazione/marketing per organizzare il padiglione della società civile di Expo 2015.

    Lavoro 4 giorni a settimana e da loro percepisco un po piu di 1800 euro mensili – al lordo – che al netto sono un po più di 1300. Il 5° giorno lo impiego nel supportare altri enti nel fundraiisng a cui sono personalmente affezionato. D’altronde non si può campare di solo “sogni” di una opportunità che in futuro arriverà per quello che ti piacerebbe fare nella vita e che per una vita hai investito.

    Quel che posso dire e consigliare ai giovani che si affacciano al nostro mondo osservando i miei successi e vittorie e i miei insuccessi e sventure, che le strade sono diverse:
    1) La via internazionale: se siete tipi ambiziosi e avete voglia di misurarvi sulle capacità che avete e non sui soli “agganci” che avete ANDATEVENE e partite verso quei posti dove vengano riconosciuti maggiormente gli sforzi che fate nella vita, le vostre capacità, le vostre intuizioni, le diverse visioni. Sarà tosta lasciare famiglia e amici ma vi riempirete di tante sicurezze e soddisfazioni che io qui non ho trovato nel mondo del lavoro e nel fundraising italiano. Okkio però se volete poi tornare in patria, pagherete caro il prezzo di non esser stati sul territorio e costruire quel network utile per l’accesso a posizioni decenti in organizzazioni non profit come fundraiser, il mio consiglio è in questo caso di fare entrambe le cose in parallelo se non volete (come me) ricominciare tutto da capo.

    2) La via nazionale: dopo un corso che vi introduce a tale disciplina, cominciate come stagisti per guadagnare quelle competenze e conoscenze nel fundraising, relazionatevi molto, esponetevi, guadagnate quei contatti utili per poter accedere a successive esperienze. Non frustratevi a mandare 100 CV in internet per proporvi come “fundraiser generico”, createvi una specifica competenza per divenire i migliori in una delle aree di fundraising (sono tante, esplorate…il fundraising è bello perché è vario, ma è fondamentalmente un contenitore di mille funzioni, competenze, aree operative), si sarà avvantaggiati in tal caso nel proporsi in grandi strutture che richiedono competenze specifiche. La tuttologia nel fundraising vi potrebbe spiazzare in alcune circostanze, è quello che una grande onp non cerca. I cultori della materia sono molto più indicati per una carriera da formatore, professore, consulente (un po come Riccardo ha sviluppato la sua carriera…..e COMPLIMENTI, tanta,veramente tanta stima!), e quando raggiungerete la “maturità professionale” (si…anche questo dovete considerare) potrete proporvi anche come responsabili fundraising in piccole/medie onp.

    3) La partita Iva in regime dei minimi secondo le nuove disposizioni del Prime Minister Italiano è una pesante fregatura, meglio lasciarla perdere all’inizio e optare per un co.co.pro (non che sia meglio….ma almeno non impone 15.000 euro come massimo di entrate in un anno, entrate vuol dire di fatturato e non il reddito….Riccardo fa bene i conti…al mese potreste prendere di netto al massimo sui 600 euro netti non contando le spese correlate al lavoro).

    4) E’ ovviamente ottimale la strada delle grandi come prima esperienza lavorativa (stage) ma non frustratevi se non vi prendono, prendete come prima esperienza qualsiasi opportunità nelle piccole e medie, dove troverete senz’altro molto più spazio per proporre la vostra proattività e tutto quello che avete imparato dai vari manuali, master e corsi sul fundraising.

    Sono tante le cose che questo post potrebbe portare alla luce. Io forse ho commentato di getto lasciando parlare il cuore e poco la testa razionale. Diego Diego…quante volte ti si è detto di contare fino a 10 prima di parlare o scrivere, ma stavolta caro Ric la tua apertura mi ha fregato….hai fatto esporre anche me nella maniera più schietta e sincera.

    Sarebbe bello vedere i big tra i commenti che consigliano i junior. Il mondo cambia grazie all’esperienza, la saggezza e l’apprendimento. Non sono un rottamatore ma un’amante dei senior che illuminano le nuove generazioni. Ne ho visti molti fuori Italia e vorrei vederne molti di più nel mio paese, senza filtri, che si espongono e che affrontano argomenti anche scomodi come questo di cui vale la pena approfondire visto il comune sentimento delle nuove leve.

    Ora mi fermo perchè il tempo è scaduto.
    Spero di rivederti presto come spero di rivedere prestochi ha voglia di confronto e non pensa al solo suo orticello.
    A presto Ric e ancora….grazie per tirar fuori le cose più scomode del nostro amato settore.

    Diego

    • Diego, grazie grazie grazie. Solo questo livello di approfondimento apre la discussione sul tema, o siamo generosi e aperti, oppure il settore diventa più povero. Letteralmente. Mi prendo il tempo per risponderti bene, c’è molto da commentare. Grazie!

  3. Complimenti, Riccardo Friede, per l’analisi. E la sagacia, aggiungerei. E complimenti a Silvia, grande donna, che ha la pazienza di aspettarti 🙂
    Quanto scrivi non vale solo per i fundraiser. Le questioni che poni abbracciano lo status di molte categorie. E’ la nuova realtà e con questa si deve fare i conti. In Italia le opportunità sono 0 per i giovani. Ma non solo per i giovani a inizio carriera ma anche per chi, come me, qualche annetto alle spalle ce l’ha. “La vedo buia, ragazzo mio”. Visto che non esistono strumenti giuridici sui quali far leva per cambiare lo stato delle cose, quel che mi sentirei di consigliare è di lavorare su se stessi. Per migliorarsi costantemente al fine di dare uno spessore, ma che sia di qualità, alla propria offerta professionale. Quindi, occorre giocare sui propri tratti distintivi per farli diventare vantaggio competitivo. Mi spiego? Mai giocare al ribasso. Mai. Se vali, valorizza ciò che sei. Pochi pianti e su le maniche. So di parlare con uno che “gira in canottiera” da questo punto di vista, se mi permetti l’ironia. Ma è vero, purtroppo. Non vedo alternative. Ti ho risposto? Buona domenica 🙂

  4. Grazie per questo articolo così dettagliato ed interessante. Vorrei affacciarmi al mondo del fundraising, in maniera professionale e non limitarmi al face to face. Conosci qualche agenzia seria che operi anche a Roma? Vorrei propormi per un tirocinio ma fino ad oggi ho potuto fare solo la dialogatrice, mentre vorrei imparare ad organizzare una campagna di fundraising in tutti i suoi aspetti.

    Grazie in anticipo

    • Ciao Anjuman, scusa del ritardo enorme, spero tu non abbia cambiato idea nel frattempo 🙂 Per il face to face ormai l’alternativa è tra le agenzie e le onp più grandi che hanno internalizzato il servizio. Questo per dire che tra le prime trovi quel che conosci e che nelle seconde potresti trovare qualcosa di meglio. Per tutto il resto del fundraising a Roma trovi la Scuola di Roma http://www.blogfundraising.it, sono persone davvero molto esperte e che formano tantissimi apprendisti ed esperti su tutto ciò che è il fundraising più vero in Italia, cioè quello con realtà piccole e medie. Frequentali e troverai quel che cerchi. Un caro saluto, facci sapere!

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